In continua ricerca
«Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me/ e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia» scriveva Nazim Hikmet. Ecco, pensando a Questi giorni di Giuseppe Piccioni, tornano in mente queste parole poetiche e inevitabilmente viene da chiedersi cosa sia per noi il viaggio, anche nell’accezione più metaforica del termine.
«Se qualcuno ci avesse detto che quelli erano i nostri giorni irripetibili, noi non gli avremmo creduto, avremmo pensato che il bello doveva ancora venire», ascoltiamo all’inizio quando ancora questo viaggio, appunto, non era ancora iniziato e la sensazione che si avverte è che appunto la vita sia tutta da vivere ancora, tanto più in gioventù.
Con una freschezza non facile da ricreare, mista a una certa nostalgia quando i fatti della quotidianità fanno maturare, l’ultimo lungometraggio del regista marchigiano coinvolge senza (s)cadere nella retorica e questo è un pregio che gli va riconosciuto.
Siamo in una città di provincia, luogo che forse ancor più stimola nelle quattro ragazze (o almeno in qualcuna di loro), il desiderio di immaginare cosa ci sia oltre e la voglia di coltivare delle possibilità che lì non ci sono. Colpisce – e appare come inusuale – la scelta di Caterina (una brava Marta Gastini) di andar via dall’Italia non per le solite mete immaginate come la mecca, ma il suo punto di arrivo (temporaneo o definitivo non lo sappiamo) è Belgrado. Le amiche, Liliana (una Maria Roveran in parte), Angela (una Laura Adriani che dà volto a quella – apparentemente – più spensierata) e Anna (Caterina Le Caselle), decidono di accompagnarla in un tragitto di andata che farà emergere sfumature di caratteri, paure e forse anche desideri inconsci, oltre ai non detti.
Il viaggio è un tòpos ricorrente dalla letteratura alla Settima Arte. Piccioni, dal canto suo, si era già cimentato con un on the road (Chiedi la luna, nel 1991), in Questi giorni, oltre ad offrire un affresco di un’età senza incappare in certi schemi, fa comparire dei ruoli che appaiono chiave, dal docente universitario interpretato da Filippo Timi (basti pensare a Il rosso e il blu richiamando, non a livello interpretativo, ma come idea, il personaggio di Prezioso, a cui dava volto Riccardo Scamarcio) al fratello prete di Caterina (un Alessandro Averone pronto a dare un imprinting leggero e, al contempo, profondo al suo personaggio). Non si può fare a meno di sottolineare anche il rapporto genitori-figli declinato in particolare tra Liliana e sua madre (la sempre impeccabile Margherita Buy), laddove, come spesso accade almeno nelle rappresentazioni drammaturgiche e cinematografiche, spesso i ruoli quasi si invertono e il figlio di turno può risultare più maturo.
Leggendo che si tratta di giovani non pensate all’idea di “che ne sarà di noi”, siamo su due binari e poetiche diverse (detto con rispetto parlando) ed è piacevole vedere questo ulteriore passaggio e sguardo di Piccioni nel modo di vivere il cinema. Da sempre un’attenzione per le donne, con Questi giorni “abbassa” gli anni e dà spazio e parola alle giovani generazioni ponendosi, implicitamente, in dialogo con loro e “costringendo” noi spettatori a farlo.
Il film è stato presentato in Concorso alla 73esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ed è in sala da giovedì 15 settembre distribuito da Bim.
Maria Lucia Tangorra