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Pet Sematary – Cimitero vivente

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VOTO: 7

Morte chiama orrore

Sul Pet Sematary – nella versione italiana Cimitero vivente – datato 1989 si possono nutrire opinioni critiche piuttosto contrastanti; e tuttavia non gli si può negare la natura di opera spartiacque: poiché anticipa una tendenza che si consoliderà nella decade successiva. Quella cioè di fare del genere horror un prodotto commerciale di largo consumo. Non a caso a produrlo è una major come la Paramount, ingolosita dal successo letterario del romanzo omonimo di Stephen King – come tutte le sue creazioni, del resto – al punto di affidargli anche la sceneggiatura del lungometraggio.
A distanza di trent’anni si può verosimilmente parlare di “archeologia” del genere. Eppure Pet Sematary versione 1989 conserva intatta ancora oggi una sua modernità proprio nel modus operandi di una realizzazione che gioca, in modo assai smaliziato, con tutti gli stereotipi del film dell’orrore. Come scontato Stephen King altro non fa che translare pressoché alla lettera il suo libro, infilandoci di tutto e di più. Ciò che da un determinato punto di osservazione potrebbe apparire come un irrecuperabile caso di bulimia narrativa, in Pet Sematary finisce con il divenire una sorta di corsa a perdifiato sull’ottovolante di un luna-park efficacemente spaventevole ma solo a livello epidermico. Zombie “ritornanti”, fantasmi del passato e del presente, bambine preveggenti, suicidi e retaggi assortiti vanno a comporre un puzzle nel quale l’incapacità spirituale di accettare la morte come fine definitiva finisce con il rimanere tra le righe di un discorso che va a parare nei territori dell’orrore visivo ben impaginato. Del resto la regista Mary Lambert – lo ammette lei stessa in una delle interviste presenti negli extra di un blu ray ottimamente realizzato dalla Universal Home Video – altro non fece che essere rispettosa alla lettera dello script kinghiano, dando libero sfogo in modo solo parziale al suo indubbio gusto visivo già abbondantemente espresso sia nell’opera prima Siesta (1987) nonché nei videoclip musicali (Madonna, Janet Jackson e molti altri artisti) attraverso i quali approdò alla notorietà. Maggiori libertà si sarebbe presa nel sequel Cimitero vivente 2 (Pet Sematary II, da lei girato nel 1992), seguito, senza connessioni con il primo, generalmente sbertucciato da critica ed appassionati. Non del tutto a ragione.
A posteriori si può comunque affermare senza tema di smentita che alla Lambert mancasse una visione tridimensionale – in senso lato – del cinema, visto che la sua carriera è poi proseguita in ambiti prevalentemente televisivi. Però è altrettanto innegabile come le locations, nel Maine “kinghiano”, dove è stato girato Pet Sematary – Cimitero vivente si siano ben radicate in un ipotetico immaginario collettivo degli appassionati e non solo: l’idillio della vita nella casa tra i boschi trafitto da una strada dove sfrecciano quei giganteschi camion responsabili delle tragedie a venire costituiscono tuttora materia da indagine filosofica sulla propensione umana a contaminare il Paradiso con l’Inferno. Ed è proprio tale dimensione religiosa, declinata come ovvio in chiave cattolica, a generare quegli umori contrastanti che sono la linfa vitale di Pet Sematary/Cimitero vivente. Non a caso lo stesso King è presente nel film come attore con un breve cameo in cui veste i panni di un pastore officiante il funerale della donna morta suicida. Se si travalicano le regole sacre, non accettando quella morte che significa restituire l’anima al Creatore, ecco che le conseguenze saranno terribili. Riprendendo così il pretesto narrativo del cimitero indiano già presente in “Shining”, altro romanzo kinghiano portato al cinema con ben altri esiti da Stanley Kubrick e pubblicamente disconosciuto dallo stesso scrittore, il lungometraggio di Mary Lambert si concede all’orrore in modo chiaro ed inequivocabile, facendo del figlio più piccolo della famiglia Creed, Cage, una sorta di angelo vendicatore “ritornante” dall’Aldilà. Il gore scaturisce in dosaggio abbondante – soprattutto nella macrosequenza della morte dell’anziano Jud Crandall interpretato dal veterano Fred Gwynne – mentre il piccolo Miko Hughes, all’epoca di appena tre anni e che gli appassionati ritroveranno qualche anno dopo in un’altro cult horror come Nightmare – Nuovo incubo (1994) di Wes Craven, si rivela di gran lunga il migliore di un cast invero non brillantissimo.
Al tirar delle somme un’opera da acquisto in home video più per il suo intrinseco valore filologico che per l’effettiva qualità del film. Anche se la fama che lo circonda è ormai, a tutti gli effetti, pari a quella di un classico del genere.

Daniele De Angelis

Pet Sematary – Cimitero vivente
Regia: Mary Lambert
USA, 1989  Durata: 103 min.
Cast: Dale Midkiff, Denise Crosby, Fred Gwynne, Miko Hughes
Lingue: Inglese 5.1 HD Master Audio, Italiano, Tedesco, Spagnolo Dolby Digital 2.0. Sottotitoli: Italiano, Inglese per non udenti, Tedesco, Francese
Formato: 1.78:1 Widescreen
Extra: Speciali “Paura e Ricordi”, Rivisitazione; nuova intervista con Mary Lambert, Gallery, Commento della regista. Distribuzione: Universal Home Video Italia

 

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