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Ötzi e il mistero del tempo

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VOTO: 6.5

A spasso con la mummia

L’undicenne Kip è un ragazzo come tanti, intelligente e sensibile, per cui il tempo dell’infanzia sta finendo. Negli ultimi giorni prima di lasciare per sempre Bolzano e gli amici del cuore, Kip vive con loro un’esperienza straordinaria. Quando si reca al museo a salutare la mummia Ötzi per l’ultima volta, accade qualcosa di magico: Ötzi si risveglia, cominciando a rigenerarsi. Mentre Ötzi, in incognito, incontrerà il ventunesimo secolo, Kip apprenderà da lui i segreti dell’età del rame: scoprirà così che il tempo che credeva tiranno può essere un magico e sconvolgente alleato. Inseguiti per i boschi e le montagne dell’Alto Adige, Ötzi e gli amici vivranno un’avventura giocosa e spericolata, arrivando a confrontarsi coraggiosamente con le proprie paure e fragilità.
Un’avventura, quella raccontata in Ötzi e il mistero del tempo, che se la sinossi e l’ambientazione non ne rivelassero la paternità italiana potrebbe tranquillamente passare per un prodotto nato e sviluppato fuori dalla mura amiche. Questo perché l’opera seconda del regista, attore e sceneggiatore Gabriele Pignotta, nelle sale a partire dall’8 novembre con One More Pictures dopo la vittoria del Gryphon Award per il Miglior Film Element +6 al Giffoni Film Festival 2018, ha un DNA e un approccio alla materia che di rado si incontrano nelle produzione made in Italy. La pellicola, infatti, percorre strade che produttivamente parlando sono poco trafficate dalle nostre parti, cosa che al contrario all’estero e in particolare oltreoceano accade con una certa frequenza. Di conseguenza, il fatto che l’autore abbia scelto di farlo va tenuto seriamente in considerazione in fase analitica.
Pignotta firma un film per ragazzi insolito nel panorama cinematografico tricolore, che mescola molti degli ingredienti del romanzo di formazione classico (crescita, legami biologici, confronto/incontro generazionale, coraggio nel prendersi le prime responsabilità e desiderio di rincorrere i propri sogni) con quelli del fantasy e dell’avventura picaresca. Il tutto attingendo e strizzando l’occhio al filone e alle proposte audiovisive analoghe di ieri del calibro de I Goonies, E.T. l’extra-terrestre e Gremlins o di oggi come Stranger Things. Inutile sottolineare che i suddetti modelli sono miraggi inarrivabili, ma il tenerli costantemente in considerazione e citarne implicitamente ed esplicitamente dinamiche e elementi della messa in scena (vedi le biciclette sulle quali viaggiano i tre giovani protagonisti) serve alla scrittura e alla sua trasposizione per non perdere la bussola. Ciò che resta è un godibile e piacevole tentativo di regalare al target di riferimento un prodotto home made, impreziosito da cornici e panorami naturali di grande bellezza come quelli delle montagne dell’Alto Adige. Forse più adatto al piccolo schermo che al grande per stile e confezione, ciò che invece va assolutamente dimenticato è un doppiaggio davvero pessimo che nello specifico va a impattare in maniera negativa sugli attori italiani presenti nel cast, a cominciare da Vinicio Marchioni e Alessandra Mastronardi.

Francesco Del Grosso

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