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Ondes de Choc – Prénom: Mathieu

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VOTO: 6.5

Chi è il mostro?

Se i criminali, dal canto loro, possono essere capaci di vere e proprie barbarità, la società, successivamente, fa il suo nel completare l’opera. Questo è quello che viene messo in scena all’interno di un lavoro come Ondes de Choc – Prénom: Mathieu, per la regia di Lionel Baier, presentato in anteprima italiana all’ottava edizione di Cinema Svizzero a Venezia. Il mediometraggio fa parte, in realtà, di un progetto collettivo ispirato a fatti di cronaca realmente accaduti all’interno del quale è presente anche Ondes de Choc – Journal de ma Tête, per la regia di Ursula Meier, anch’esso presente all’interno della suddetta manifestazione cinematografica. Questi due, dunque, sono, fino a ora, i lavori maggiormente rappresentativi di tale progetto, già presentati, a loro tempo, anche alla 68° Berlinale.

Tornando al nostro Ondes de Choc – Prénom: Mathieu, esso è ispirato alle vicende di Michel Peiry, detto anche “il sadico di Romont”, il quale ha commesso numerosi crimini tra il 1981 e il 1987. Ed è proprio in questi anni che il presente lavoro di Baier è ambientato. In questo preciso momento storico, dunque, prende il via la vicenda del giovane Mathieu Reymond (un ottimo Maxime Gorbatchevsky), il quale viene brutalmente malmenato e seviziato da un misterioso sconosciuto, per poi essere abbandonato, di notte, all’interno di un canneto. In seguito a una botta in testa, il ragazzo faticherà, inizialmente, a ricordare quanto avvenuto esattamente durante la fatidica notte, per poi riacquistare, pian piano, la memoria.
Quanto sarà dura, però, elaborare l’accaduto e riprendere lentamente la propria vita di sempre? Il regista, dal canto suo, è proprio su questo che si è voluto concentrare: sul dopo, sui fantasmi del passato che ritornano e sull’impatto che un avvenimento del genere può avere sul malcapitato, così come sulla stessa società. È a questo punto, infatti, che il ragazzo, paradossalmente, viene lasciato solo. Unici suoi alleati: i poliziotti che lo aiutano a ricostruire i fatti e a fare un identikit dell’aggressore, e suo fratello, tanto schivo e riservato all’inizio, quanto incredibilmente empatico nei rari momenti in cui i due si trovano da soli (particolarmente d’effetto – e, altresì, fortemente simbolica e liberatoria – la scena in cui i due ragazzi si divertono a spaccare piatti e bicchieri nella cucina di casa).
Sono, dunque, una serie di frequenti flashback a giocare un ruolo fondamentale all’interno del presente lavoro, nel quale, tuttavia, salta subito all’occhio un taglio prettamente televisivo, particolarmente adatto – quello è vero – a un progetto legato alla serialità, ma che, proprio per questa sua forma, finisce inevitabilmente per stridere con altri lavori presenti all’interno del progetto stesso, tra cui, ovviamente, lo stesso lungometraggio della Meier.
Se, dunque, Ondes de Choc – Prénom: Mathieu risulta deboluccio per quanto riguarda la messa in scena stessa, dall’altro canto particolarmente riuscito è il già menzionato ritratto della società: una società omertosa e pavida, all’interno della quale tutti sembrano, a loro modo, rivestire, di volta in volta il ruolo del carnefice (compresi gli stessi genitori di Mathieu, che cercano di portare avanti le proprie vite come se nulla fosse successo) e che portano inevitabilmente lo spettatore a chiedersi: chi è il vero mostro?

Marina Pavido

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