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Corpo e anima

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VOTO: 5

Sogno o realtà? Ebbene sì, è tutto vero

Le storie d’amore, si sa, sono da sempre cavallo di battaglia della cinematografia di tutto il mondo. Siano esse a lieto fine o dal tragico epilogo, estremamente reali o, al contrario, del tutto surreali, fin da subito – e spesso ancor prima della visione stessa – riescono a suscitare curiosità in gran parte degli spettatori. Sarà che, di fatto – che si voglia o no – siamo tutti, chi più chi meno, dei grandi sognatori. Ed è proprio il sogno uno dei principali fattori presenti in Corpo e anima (On Body and Soul come titolazione internazionale), ultimo lungometraggio della regista ungherese Ildikó Enyedi in concorso ufficiale alla 67° edizione del Festival di Berlino.
Un bosco d’inverno. La neve, ormai, ha coperto quasi tutto, alberi e terreno. Due cervi, un maschio ed una femmina, sono intenti a cercare del cibo. Il maschio, nello specifico, sembra particolarmente attento alle esigenze della sua compagna. Scena delicata e dal forte impatto visivo, al termine della quale, però, ci troviamo in un ufficio di Budapest, ai giorni nostri, dove una timida biondina, da poco assunta, viene notata dal direttore, anch’egli, a sua volta, timido, impacciato e non più giovanissimo. In che modo le due situazioni presentateci sono collegate tra loro? Lo scopriremo presto – e, in questo caso, non si tratta di spoiler! – nel momento in cui una giovane psicologa dovrà esaminare tutti i dipendenti dell’azienda per scoprire chi possa aver commesso dei furti. In seguito ad alcune sue domande riguardanti l’inconscio di ognuno degli impiegati, la dottoressa verrà a sapere – convinta che si tratti di uno scherzo – che sia il direttore che la giovane impiegata sono soliti sognare sé stessi nelle sembianze di cervi.
Ebbene sì, avete letto bene. Il lungometraggio in questione indubbiamente si presenta come una commedia romantica con non pochi momenti ironici al suo interno. Il fatto, però, di prendersi fin troppo seriamente nel raccontare l’incipit della potenziale storia d’amore trai due protagonisti fa drasticamente calare di livello tutto il lungometraggio. Eppure l’Est Europa, in fatto di comicità, quando ci si mette sa riuscire davvero bene nel proprio intento. Basti pensare, ad esempio, ad alcuni lavori di registi del calibro di Petr Zelenka o di Ladislav Smoljak, giusto per fare un paio di nomi. Tale sottile comicità, basata talvolta sul surreale e sul paradosso, è, salvo in rari momenti (come quando la ragazza riceve la telefonata del suo capo mentre è intenta a tagliarsi le vene), in On Body and Soul soltanto lievemente accennata. O, per meglio dire, mal sviluppata. Così come scarsamente approfondito è il tema dell’ansia sociale e dei disturbi nell’ambito della sfera sessuale, entrambe caratteristiche della giovane protagonista. Peccato. Soprattutto perché, da un punto di vista prettamente registico, la cineasta ungherese ha più volte dimostrato di avere una buona gestione del quadro e degli spazi in generale. In questo suo ultimo lavoro, ad esempio, di grande impatto visivo sono le scene ambientate nel bosco, così come le inquadrature di alcuni esterni della città stessa.
Il risultato finale è, nonostante ciò, un film che poco o niente riesce a trasmettere allo spettatore. Un prodotto dalle interessanti potenzialità, ma che, di fatto, risulta quasi “incompiuto”, non del tutto sviluppato. Piuttosto modesto per far parte della selezione ufficiale di un festival come quello della Berlinale, senza ombra di dubbio. Non ci resterà che rivolgere la nostra attenzione ad altri lidi, a questo punto!

Marina Pavido

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