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Nado

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VOTO: 7

Tre dita per plasmare un universo

Dopo il per certi versi inaspettato successo di pubblico del 5 giugno al Circolo ARCI Arcobaleno, dove il nuovo documentario di Matteo Scarfò, Anna Maria Ortese: Viaggio in Calabria, è stato proiettato quale film d’apertura del 4° Indiecinema Film Festival, proprio il Concorso Documentari torna protagonista venerdì 13 (data senz’altro evocativa, per i fan del brivido) presso il Caffè Letterario di Roma: alle 17 verrà infatti proiettato Nado di Daniele Farina. Ecco intanto la sinossi, così come è stata diffusa dagli organizzatori del festival: “Nado è un viaggio intimo e potente attraverso la vita e le opere di uno dei più grandi scultori italiani del Novecento. Una storia di resistenza e coraggio, una parabola umana di volontà e gioia che attraversa un intero secolo. Nado Canuti ha affrontato le difficoltà della vita fin da giovane con tenacia e capacità di visione, trasformando ogni ostacolo in materiale da scolpire. La storia di un uomo che con tre dita ha plasmato il suo destino.

Grazie alla collaborazione tra Cineclandestino e Indiecinema Film Festival abbiamo avuto però modo di vedere il film in anteprima. E lo raccomandiamo innanzitutto per il considerevole valore umanistico ed esistenziale di una storia esemplare, quasi incredibile, in cui le vicende biografiche e il versante artistico s’intrecciano indissolubilmente. E in modo appassionante.
“Bigger than Life”, direbbero probabilmente gli americani di Nado Canuti, lo scultore ultranovantenne toscano investito in prima persona da alcuni degli eventi più drammatici del Novecento, che lo hanno duramente colpito sia nel fisico che negli affetti famigliari, senza però fargli perdere quella luce interiore che lo ha portato a diventare, dopo i traumi della Seconda Guerra Mondiale, uno tra gli artisti più grandi della sua generazione. In grado di plasmare la materia ed estrarne l’anima, nonostante la grave menomazione subita. Difatti da bambino Nado Canuti, prima di restare orfano e finire così in un istituto per mutilati di guerra, era rimasto coinvolto assieme ad alcuni coetanei dalla deflagrazione di un ordigno inesploso, che a lui ha strappato via una mano dilaniando nel mentre anche l’altra. Ma con le sole tre dita di quell’altra mano rimaste sane, forte di un notevolissimo ingegno, di un genuino talento e di una volontà non comune, Nado ha saputo ricostruirsi una vita; trovando innanzitutto lavoro, da giovanissimo, in una di quelle industrie italiane dell’epoca, che non prevedevano soltanto sfruttamento ma anche piani di integrazione sociale e attività culturali o di intrattenimento, per i propri dipendenti; per poi approfittare delle piccole concessioni che gli venivano fatte, così da sperimentare liberamente sul fronte artistico, laddove prima nella scultura e dopo la nascita del figlio Massimo anche nella pittura ha saputo ritagliarsi sentieri molto personali, tali da suggerire all’osservatore un’interiorità talmente possente da porre in secondo piano l’evidente handicap fisico.

Più classico nella struttura del documentario di Matteò Scarfò presentato da Indiecinema la settimana prima, ma altrettanto curato a livello formale, Nado di Daniele Farina associa all’indagine attenta del protagonista e delle sue opere la capacità di affrescare i diversi ambienti in cui egli ha vissuto e operato. Mentre la componente atmosferica, parimenti forte, si avvale del mood così empatico offerto dalla colonna sonora, cui ha collaborato assieme al tastierista Andrea De Paoli anche un nome importante della scena musicale italiana: Morgan, un tempo frontman dei Bluvertigo ed altrettanto apprezzato come solista.

Giancarlo Marmitta

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