Il gusto della grappa
Con Il gusto del sakè un Maestro del cinema come Ozu fece scoprire anche al pubblico occidentale che, nel Giappone dell’epoca, una serata in compagnia a bere sakè poteva essere gravida di conseguenze.
Pare che l’Occidente, in particolare l’Italia, col Friuli poi chiaramente in prima linea, abbia voluto ringraziare il Giappone di tale scoperta proponendo a qualche nuova generazione di cineasti una validissima alternativa: la grappa nostrana. Difatti vi è quel distillato popolare in tutto il Triveneto, tra le preferenze alcoliche di Yoshiko, l’adorabile protagonista di My Sweet Grappa Remedies. Assieme, per la cronaca, a qualche calice di vino rosso e al già menzionato, iconico, tradizionale sakè.
Più che banale valvola di sfogo il grappino serale è per l’eccentrica, sensibilissima donna, una specie di rito, un momento di riflessione e di rilassamento interiore durante il quale focalizzare nuovamente l’attenzione su se stessa, sul tragitto esistenziale fino ad allora compiuto. Attraverso uno sguardo introspettivo che assume coloriture ora malinconiche, ora tendenti al disincanto ed ora piacevolmente scanzonate. Un po’ come in un racconto Zen o, volendo, in certi apologhi del poeta, mistico ed astronomo persiano Omar Khayyâm, altro personaggio incline a riporre fiducia nei benefici effetti del vino.
Dal canto suo un’ispirata Ohku Akiko, che appena un paio di anni fa aveva introdotto personalmente al pubblico del FEFF 2018 la sorprendente commedia Tremble All You Want, deve aver apprezzato molto il culto della grappa in terra friulana; tanto da associare tale abitudine alla protagonista del suo ultimo film, impersonata peraltro con grazia infinita da Matsuyuki Yasuko. Sarebbe riduttivo e finanche ingiusto circoscrivere tale ruolo a un clone orientale della ben nota Amélie Poulain, poiché sia nei momenti di intimità che nelle venature più bizzarre e surreali del racconto il film sembra scandagliare con profondità persino maggiore un animo femminile, col quale non empatizzare risulta davvero difficile, se non impossibile. Senza contare la genesi alquanto pittoresca del soggetto, che abbiamo appreso tramite la scheda critica curata da Mark Schilling per il catalogo del FEFF: “E My Sweet Grappa Remedies, il nuovo incantevole dramma di Ohku Akiko, probabilmente non avrebbe visto la luce se non fosse tratto da un romanzo di Jiro, uno dei componenti del popolare duo comico Sissonne.
La protagonista Kawashima Yoshiko (Matsuyuki Yasuko) è un personaggio che Jiro ha interpretato per diversi anni nei suoi sketch (perché i comici maschi giapponesi adorino travestirsi da donna potrebbe essere il soggetto di un altro articolo). Quando la conosciamo, Yoshiko non ha marito né figli, ma non rappresenta il trito stereotipo della zitella non più giovanissima: tanto per cominciare non possiede gatti e poi non è nemmeno disperata.
Invece, trascorre il proprio tempo libero scrivendo un diario. I suoi appunti, sceneggiati nel film e letti da Matsuyuki in tono sussurrato, sono infarciti di approfondimenti a tratti poetici, a tratti acuti o spiritosi.”
Ecco, archiviato questo curioso spaccato di cultura nipponica, c’è da dire che Ohku Akiko attraverso una regia tanto puntuale quanto eterea e raffinata ci ha fatto sentire particolarmente vicino il microcosmo della protagonista, una quotidianità popolata di humour, di piccole stravaganze, di un rapporto quasi animistico con gli oggetti e di altre adorabili presenze; su tutte il fidanzatino dell’ultim’ora Okamoto e la giovane, stramba, generosissima collega di lavoro Wakabayashi, una vampata di euforia in grado di far palpitare il racconto arricchendolo ulteriormente di vibrazioni ed energie positive.
Stefano Coccia