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Non è semplice parlare di depressione post partum. Non è semplice, perché, purtroppo, ancora oggi ci sono molti cliché sull’argomento e non tutti riescono realmente a comprendere il problema e come esso sia vissuto da alcune neo mamme. A cimentarsi in tale, complicata impresa, però, ha pensato la regista Johanna Moder con il suo lungometraggio Mother’s Baby, presentato in anteprima mondiale in concorso alla 75° edizione del Festival di Berlino. Sarà riuscita, dunque, Moder, nei suoi intenti? Presto detto.
La storia messa in scena in Mother’s Baby, dunque, è quella della brillante direttrice d’orchestra Julia (impersonata da un’ottima Marie Lauenberger), la quale, insieme al marito Georg (Hans Löw) desidera tanto avere un bambino e a tal fine si rivolge al Dottor Vilfort (Claes Bang), primario in una rinomata clinica privata. Dopo poco tempo, Julia riesce a restare incinta, ma al momento del parto ci sono delle complicazioni e il bambino viene momentaneamente portato via per delle cure, senza che i suoi stessi genitori sappiano cosa stia accadendo. Una volta stabilizzatasi la situazione, però, Julia non riuscirà a entrare realmente in contatto con suo figlio e arriverà addirittura a pensare che il neonato non sia, in realtà, il bimbo che ella stessa ha partorito. Il problema è che, però, nessuno sembra disposto a crederle.
Julia trascorre tutto il giorno in casa con suo figlio, a cui non ha ancora dato neanche un nome, al punto da spingere gli assistenti sociali ad assicurarsi se in casa loro vada davvero tutto bene. E mentre suo marito, così come l’ostetrica che l’ha aiutata a partorire, si mostrano sempre affettuosi e premurosi con il bambino, ella è costantemente allarmata. Come mai suo figlio non piange mai? Come mai in ospedale nessuno sembra capire le sue problematiche? E, soprattutto, sarà davvero così onesto il Dottor Vilfort?
Interessante notare come in Mother’s Baby Johanna Moder abbia saputo descrivere alla perfezione ogni singolo passaggio riguardante principalmente il momento del parto, che ha fatto sì che, pian piano, la protagonista stessa potesse sentirsi quasi un’estranea nel suo stesso corpo. Allo stesso modo, le reazioni da parte di amici e parenti durante il primo incontro con il bambino, hanno di per sé qualcosa di inquietante, con tutti quei sorrisi quasi forzati e, soprattutto, con le aspettative che tutti sembrano avere nei suoi confronti.
A tal proposito, dunque, un’atmosfera di costante tensione viene ben resa sul grande schermo attraverso un crescendo che si fa via via più insopportabile e che, dal momento che il tutto ci viene mostrato esclusivamente dal punto di vista della stessa Julia, non ci fa più comprendere cosa sia reale e cosa sia, invece, frutto dell’immaginazione. E così, in Mother’s Baby, vediamo come la depressione post partum possa facilmente divenire quasi follia, soprattutto quando nessuno sembra davvero disposto ad ascoltare, lasciando sole le persone che soffrono di tale disturbo.
Realtà o immaginazione? Nel mettere in scena il dramma della protagonista, Johanna Moder non ha avuto paura di osare o di mostrarci scene particolarmente crude e difficili da accettare. E anche se talvolta l’intero lungometraggio, soprattutto man mano che ci avvicina al finale, può risultare un po’ troppo esagerato, bisogna riconoscere come questo Mother’s Baby sia comunque un’opera coraggiosa, che contribuisce a fare chiarezza su un argomento che riguarda molte più donne di quanto si possa pensare, ma che in pochi conoscono realmente.
Marina Pavido