Mr piano man – il re dell’improvvisazione jazz – tra musica e vita privata
In concorso nella sezione LongPlay Doc dell’undicesima edizione del Seeyousound, Misty – The Errol Garner Story del regista francese Georges Gachot, racconta la storia del pianista jazz statunitense che nel secondo dopoguerra (e in piena Guerra Fredda) rese celebre il jazz in tutto il mondo. Misty è la sua canzone – scritta guardando il mondo da un oblò, osservando la condensa sul finestrino mentre era in volo da San Francisco a Chicago – più conosciuta e performata da artisti come Ella Fitzgerald e Sarah Vaughan, divenuta un must per chiunque ami o faccia jazz.
Un documentario che si snoda tra interviste e materiale d’archivio, unendo il racconto del privato a frammenti del passato musicale, in un fluire snello ed accattivante che porta lo spettatore in un altro tempo ed un altro universo, quello magico della musica.
Fondamentali, nel racconto di Gachot, i musicisti che con Garner divisero palchi ed annate di concerti, il contrabbassista/bassista Ernest McCarty ed il batterista Jimmie Smith, ma anche la figlia Kim e l’ultima compagna, Rosalyn Noisette; altri testimoni, il biografo Jim Doran (autore di “Errol Garner The Most Happy Piano”), lo storico del jazz Dan Morgenstern (venuto a mancare lo scorso anno), l’ultimo bassista di Garner, Brian Torff, la zia di Rosalyn, Thelma Spencer, e l’onnipresente manager Martha Glaser, che preservò l’artista dalle difficoltà dei pregiudizi razziali dell’epoca dandogli allo stesso tempo la notorietà che il suo talento innato meritava e facendone una vera star.
Il ritratto di Garner che trapela dalle parole di chi lo ha conosciuto conferma quel che era già noto del grande pianista, aggiungendovi note di colore ed aneddoti meno conosciuti; nato a Pittsburgh il 15 giugno 1921, sotto il segno dei Gemelli, il più piccolo di 6 fratelli (3 maschi e 3 femmine) è un bambino vivace e dal talento musicale innato: autodidatta, Errol suonava infatti a orecchio, senza conoscere le note e con una diteggiatura (l’uso specifico di ogni dito per suonare le note al piano) del tutto personale, tecnicamente errata eppure magicamente perfetta. Pur non avendo studiato musica, Garner ha esplorato negli anni la sua tecnica grazie ad una pratica costante, trovando il suo modo di suonare: la sua peculiarità era quella di “sfasare” le mani, usando la mano sinistra in ritardo, come un’eco, mentre la destra accelerava, dando fluidità al timing ed un andamento leggiadro al movimento musicale. Questa particolarità rende la sua musica unica, al pari dell’emozione che trapelava dalle sue note e veniva trasmessa, come un’onda, al suo pubblico. Suonare con lui non era facile: non si sapeva mai cosa avrebbe suonato ed in che tonalità; anzi, si potrebbe dire che per Garner le tonalità non esistevano: per lui il pianoforte era un arcobaleno di colori che si intrecciano, trasmettendo emozione pura a lui in primis, e di riflesso a chi lo ascolta.
Eclettico, sorridente, malinconico, ironico, ‘misteriosamente comico’, nel privato Errol era “un uomo perbene, mai volgare, che si preoccupava degli altri, dei loro sentimenti”; la musica era più di un lavoro, era la sua vita, tutto il suo mondo. A gestire i rapporti esterni (registrazioni, concerti, tournee) c’era la manager Martha, che controllava tutto (anche troppo), mettendo sempre al centro del suo operato Errol, anche a scapito dei musicisti che suonavano con lui, tenuti celati a interviste e notorietà. Anche sulla vita privata aleggia un velo di mistero: la figlia Kim, avuta da Goldie Dumas, in seguito alla separazione dei genitori è stata in certo senso ‘ripudiata’, alla stregua della madre, costretta da necessità economiche a firmare un documento in cui dichiarava che la bimba non fosse figlia di Errol. Di questa figlia non riconosciuta, Garner non parlava mai, neppure con l’ultima compagna, Rosalyn, cui pure era molto legato, e che ben volentieri avrebbe accolto Kim in famiglia; la morte precoce del pianista per infarto a soli 55 anni ha lasciato incompiuta una storia privata che avrebbe potuto essere diversa. Ma il “What if” non conta, e le due donne si sono infine ritrovate, filmate dal regista Gachot, che ha voluto riunire tutti – o quasi – i suoi protagonisti in un abbraccio finale, seguendo quello che è stato il leit motiv dei concerti e della vita di Garner: “voglio che ogni serata sia una festa”.
Michela Aloisi