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Memorie di un viaggiatore

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VOTO: 6.5

Girovagando senza meta

Il corto scritto e diretto da Antonio Romagnoli ci conduce lungo strade assolate del meridione, con a margine brulli paesaggi, in compagnia di un personaggio che sembra non avere una meta, Saverio. Ben presto scopriremo che quel suo girovagare, scroccando un passaggio e magari qualche sigaretta, si protrae da tempo e non ha una destinazione precisa. Autostoppista verso il nulla. O più semplicemente in fuga dalle delusioni di un passato, che non sempre fa piacere ricordare.

Può essere considerato questo cortometraggio di 15 minuti circa, Memorie di un viaggiatore, una sorta di road movie atipico? In parte sì. Ma per il resto non è il viaggio, non è il movimento a beneficiare di una reale attenzione, bensì la stasi, quella impasse esistenziale che il protagonista si trascina dietro, seppur con un sorriso sardonico sovente stampato sul volto.
Anche il continuo alternarsi di camera-car e di pause ai bordi della strada diviene così non scoperta progressiva di un percorso, ma, al contrario, agile strumento di indagine per incontri estemporanei, casuali, destinati probabilmente a non produrre alcun detour significativo nell’itinerario dell’alquanto distaccato Saverio. Vediamo quest’ultimo, interpretato dall’attore Saverio La Ruina, alle prese prima con un automobilista in vena di stralunati aneddoti, impersonato con la consueta ruvida scioltezza dalla “guest star” Alessandro Haber; e poi con una donna, cui la brava Valentina Picello conferisce quel senso di attesa, di curiosità ai confini dell’invaghimento, che però farà breccia solo in parte nella solida corazza caratteriale di Saverio.

Forse è anche questo che ci è piaciuto nel pensoso, delicato e un po’ ermetico cortometraggio di Antonio Romagnoli: architettare una serie di incontri che però non vanno a sfociare nelle direzioni più prevedibili, ossia in qualche consolatoria relazione amorosa portata dal caso o in stravaganti amicizie nate “on the road”. Tutto resta invece sottotraccia. Sembra sul punto di affiorare, come un fiume carsico, ma poi rimane fermo sul bordo. Certo, questa concisa narrazione ha il suo limite in alcuni fumosi dialoghi, specie quelli tra lui e lei, nei quali si avverte un po’ lo sforzo di sentenziare, di alludere a episodi lontani restando vaghi, di costruire un possibile background psicologico sulla scia di ricordi appena accennati. Ma quanto al resto ci è piaciuta la peculiare atmosfera di un lavoro cinematografico breve, asciutto, che non cerca abusate scorciatoie narrative e si compiace del suo apparente girare a vuoto, attorno a rapporti umani che non si presume possano andare oltre la loro effimera natura, dettata perlopiù dalle circostanze.

Stefano Coccia

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