Ancora per il potere di Grayskull
Riportare alla luce un franchise un tempo molto famoso ma che ora vive soprattutto nella nostalgia degli ammiratori e che si perpetua attraverso la riproposizione del matariale originale ad un pubblico di nicchia, oppure attraverso il casuale imbattersi in esso di un qualche curioso neofita è sempre un’operazione richiosa e con un altissimo coefficiente di fallimento. Vale lo stesso discorso che vale per l’apertura di un nuovo ristorante: la possibilità di fallire è talmente alta da essere quasi una certezza. Era dunque naturale che il fandom manifestasse poco o nulla interesse verso Masters of the Universe: Revelation; nuovo tentativo di riportare alla luce un franchise diventato iconico durante gli anni Ottanta, prima come linea di giocattoli e poi come serie animata.
L’ingaggio di Kevin Smith, autore di culto per il mondo nerd e conosciuto al grande pubblico soprattutto per Clerks, a capo del progetto non sembrava promettere di meglio, eppure…Smith ed i suoi collaboratori, forse proprio perché irriducibilmente nerd, dimostrano di avere capito il materiale molto meglio degli stessi fans storici. Il lavoro prodotto è molto interessante, soprattutto per il lavoro sui personaggi. Già la serie originale prestava attenzione ad un cast corale nel quale certamente spiccava il protagonista ma comunque attorniato da una serie di comprimari di tutto rispetto. La nuova serie offre maggiore spazio proprio ai comprimari storici relegando i due personaggi principali (He-Man e Skeletor) in secondo piano e permettendo così agli autori di dare respiro ad una storia più ampia. Tuttavia l’elemento davvero di maggiore interesse è il lavoro di approfondimento e di scavo fatto sui nuovi protagonisti. La serie originale, seppure stimabile e affascinante per la sua animazione basata sul rotoscopio, peccava nelle caratterizzazioni e presentava personaggi bidimensionali; fatto anche comprensibile trattandosi di una serie animata per bambini che aveva lo scopo principale di pubblicizzare i giochi Mattel. Nella nuova serie invece, che stilisticamente si connette con lo sfortunato, questo sì, reboot del 2002, i personaggi appaiono complessi e sfumati, portando avanti anche alcuni temi, in sottofondo, tutt’altro che banali. Soprattutto il personaggio di Teela, elevata a nuovo protagonista, ne beneficia, diventando un personaggio affascinante e stratificato, ma anche altre figure come Orko ed Evil-Lyn ne escono rigenerati. La nuova serie, insomma, si configura molto come un “sequel spirituale” piuttosto che come un reboot. L’opera originaria non viene svuotata di tutti i suoi elementi per poi venire riempita con elementi radicalmente nuovi; viene invece innervata di nuovo materiale che va a sommarsi ed a rivificare il materiale originale, creando sì qualcosa di nuovo ma in continuità con il vecchio.
L’opera ha certamente dei limiti, ma ci troviamo comunque davanti ad un buon prodotto di intrattenimento capace di piacere a più di una generazione.
Luca Bovio