La quotidianità femminile nel Kosovo odierno
Già vincitore del Premio Speciale della Giuria all’IFFR di Rotterdam, il primo lungometraggio di Norika Sefa, Looking for Venera (Në kërkim të Venerës, Kosovo – North Macedonia 2021), grande consensi ha ottenuto anche alla 33ª edizione del Trieste Film Festival, conquistando il Premio Cineuropa al miglior lungometraggio in concorso. Questa la motivazione: “Tra tutti gli ottimi film selezionati, uno ci ha colpiti in particolare per le sue spiccate qualità cinematografiche. Looking for Venera è straordinario per la sincerità e precisione dimostrate. La regista Norika Sefa è riuscita a rendere perfettamente la complessità dei due personaggi principali, interpretati magnificamente dalle attrici Kosovare Krasniqi e Rozafa Çelaj. Va inoltre menzionato Luis Armando Arteaga, direttore della sua fotografia, che col suo lavoro ha permesso a questo bellissimo film di formazione di brillare.”
Alla ricerca di Venera è, per certo verso, un racconto di formazione adolescenziale, per altro un resoconto alquanto crudo sulla realtà femminile in un piccolo paese kosovaro. La regista non sviluppa una trama particolarmente interessante, ed il film scorre lento nella quotidianità della vita di Venera, mostrando cosi un ritratto ben delineato della ristretta società in cui la giovane donna vive, un ‘piccolo mondo antico’, tradizionale e patriarcale, in cui la donna ha il dovere di mantenere la sua ‘dignità’, ed è vista con sospetto quando mette il naso fuori di casa da sola. Anche la fotografia, focalizzata sui toni grigi e marroni dei boschi e del paese, enfatizza la monotonia di giornate tutte uguali, mentre le inquadrature scarne, spesso concentrate su dettagli o parti del corpo in primo piano, danno risalto ai personaggi ed al loro stato d’animo. Mentre una coralità di personaggi si sviluppa intorno a loro, infatti, quel che la regista vuol mettere in luce è proprio lo stato d’animo della protagonista, l’ingenua Venera, e della sua amica Dorina, più grande e dalla reputazione meno limpida.
La reputazione, come in un film d’altri tempi, è ancora il fulcro intorno cui ruota la vita delle donne in questa società circoscritta; ecco allora che Venera, controllata nelle uscite da casa e negli orari, per partecipare ad un concerto al paese di sera dovrà farsi accompagnare da un ragazzo ‘ben visto’ dal padre, mentre per Dorina si prospetta un matrimonio riparatore con il suo primo ragazzo. Ma nel quadro statico di un mondo che non evolve, la figura delle due ragazze mostra invece che qualcosa sta cambiando dall’interno; i loro discorsi, i loro comportamenti, tipici dei ragazzi moderni in una società aperta, si aprono alla ribellione verso un mondo che sta loro sempre più stretto. In un film che si focalizza sull’interiorità della protagonista più che sulle azioni, risulta perfetta la scelta della Sefa delle due interpreti principali: l’esordiente Kosovare Krasniqi ha un’intensità che descrive perfettamente gli stati d’animo di Venera, mentre l’anticonformista Dorina si riflette in ogni espressione del suo alter ego, Rozafa Cefaj. Intorno a loro, la numerosa famiglia di Venera, un padre capofamiglia tutto dedito al lavoro, una madre stretta nel suo ruolo (che brilla per pochi istanti quando si lascia andare ad un ballo liberatorio con la figlia, unico momento di vero contatto tra le due), una nonna cristallizzata nel suo passato e due fratellini inarrestabili, ed una folla di personaggi che rappresentano, ognuno a proprio modo, la realtà del piccolo paese: dai ragazzi che le due frequentano ai teppistelli che giocano per strada, dall’insegnante di inglese ai vecchi nei bar che le squadrano con occhi di disapprovazione, ogni particolare è descritto con accuratezza e, soprattutto, sincerità. Alla ricerca si Venera, in questo senso, è in equilibrio tra il film di finzione ed il documentario sulla realtà della donna in Kossovo oggi.
Michela Aloisi