L’ultima corsa
Charley Thompson è un 15enne sveglio e intraprendente. Vive a Portland con il padre Ray, una testa calda che ha un solo pensiero fisso: le donne, che siano segretarie o cameriere non fa alcuna differenza. La famiglia del giovane è in una situazione altalenante, soprattutto dopo che la madre ha deciso di scappare abbandonandoli a loro stessi. In assenza di una figura genitoriale importante e dopo le innumerevoli disavventure di Ray, Charley decide di trovarsi un lavoro in grado di garantire la sussistenza a entrambi. Conosce Del Montgomery, un ormai anziano proprietario di cavalli da corsa che cerca di racimolare del denaro tentando di vincere qualche gara. Ottiene subito la sua fiducia, ottenendo una paga certamente al di sotto delle sue aspettative ma con la quale riesce a mantenersi in carreggiata. Tra i destrieri presenti ce n’è uno in particolare che ottiene la sua attenzione, non pregiato come i suoi compagni ma che possiede un carattere docile. Del lo tiene tra i suoi combattenti per la sua determinazione, perché in qualsiasi competizione gareggi porta sempre a casa il massimo risultato. Quando però è la salute a essere a rischio, il vecchio addestratore di cavalli non vuole più saperne di lui, anche se scoprirà presto di trovarsi di fronte a un giovane dalle ossa forti, totalmente distante dallo stereotipo passivo del ragazzo pane e videogiochi.
Lean on Pete – che in Italia uscirà con il titolo Charley Thompson, focalizzando l’attenzione sul giovanissimo protagonista – è l’ultimo lungometraggio di Andrew Haigh dopo il successo di critica dell’altro suo film 45 anni, che ha visto Charlotte Rampling accaparrarsi una meritata nomination agli Oscar. In quest’opera, presentata in Concorso alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia, non è la donna a riflettere sulla sua vita basata su un matrimonio dalle fondamenta deboli e inconsistenti, bensì un ragazzo che ha di fronte il proprio futuro. Un racconto che, come nel suo precedente lavoro, subisce dei forti colpi che i protagonisti sopportano a fatica. Il soggetto in questione è un’adolescente in forte crisi di identità, una condizione di isolamento che, a lungo andare, può condurlo su strade insidiose e irreversibili. Nelle sequenze descritte si ha l’impressione che Charley si trovi in una superficie in continua oscillazione, capace di emettere forti scossoni nei momenti di crescente vulnerabilità. Nonostante ciò, il giovane non demorde, perché conosce le sue virtù e le sue debolezze. Mette già in conto la possibilità di fallire, ma non per questo decide di mollare definitivamente le redini della sua esistenza, cercando di combattere ogni avversità con tenacia e carattere.
Per questi motivi si notano delle consistenti analogie tra l’adolescente di Portland e il corsiero che lui adotta. I soggetti illustrati da Haigh sono attratti dalla corsa, perché li fa sentire liberi, senza alcuna corda a impedirgli di arrivare fino alla meta. Condividono gli stessi tormenti, dal momento che non sono minimamente considerati per ciò che sono realmente. Al contrario, vengono visti come degli scarti da buttare alla prima occasione buona. Tuttavia la fermezza e la voglia di dimostrare il proprio valore sono indice di una maturazione costante del protagonista del film, interpretato da un convincente Charlie Plummer che sin dalle prime battute rivela una crescita interiore del suo personaggio, forzato ad entrare nel mondo degli adulti per via dell’irresponsabilità di chi lo ha educato fino a quel punto.
Lean on Pete è un film che cambia continuamente pelle, passando da un racconto inizialmente incentrato sulle (mancate) relazioni familiari fino a toccare l’acceleratore del road movie dove ad emergere è un sistema complesso che ha perso tutto il suo fascino. Il sogno di vivere in una società che assiste e tutela tutti indistintamente è divenuto un ricordo sbiadito nel corso del tempo; l’unico modo per difendersi dalle iniquità è affrontarle a viso aperto e con ogni mezzo.
Riccardo Lo Re