Amore che vieni, amore che vai
Quale occasione migliore di San Valentino per celebrare l’amore nelle sue diverse espressioni. E quale occasione migliore della festa degli innamorati per portare sugli schermi storie che lo esplorano a 360°. Ecco allora che nelle sale nostrane arriva La natura dell’amore (Simple comme Sylvain) di Monia Chokri, distribuito da Wanted Cinema proprio il 14 febbraio a distanza di qualche mese dall’anteprima mondiale al 76° Festival di Cannes nella sezione “Un Certain Regard” dove ha conquistato pubblico e critica.
L’opera terza dell’attrice e regista canadese, già autrice degli apprezzati A Brother’s Love e Babysitter, ci porta al seguito di Sophia (Magalie Lépine-Blondeau), 40 anni, docente di filosofia all’Università di Montreal, dove da dieci anni vive una consolidata e monotona relazione con Xavier (Francis-William Rhéaume), anche lui insegnante. Alla base della loro relazione ci sono l’agio, la stabilità, l’intesa intellettuale, ma una passione ormai assopita. La vita di Sophia cambia all’improvviso quando incontra Sylvain (Pierre-Yves Cardinal), il falegname tuttofare incaricato di ristrutturare la casa di campagna. Irresistibilmente attratta dall’uomo, travolgente e rude tanto quanto il marito è educato e distaccato, la donna si fa coinvolgere da un amore totale e trova il coraggio di seguire la sua passione. Dove quest’ultima la porterà lo lasciamo come è giusto che sia alla visione di una pellicola che consente alla Chokri di mettere in mostra anche le sue indubbie qualità dietro la macchina da presa sia come sceneggiatrice che come regista, con la direzione degli attori che rappresenta senza dubbio uno dei punti di forza del film. Non è un caso che il terzetto guidato da una bravissima Magalie Lépine-Blondeau restituisca sullo schermo delle interpretazioni di grandissimo livello e ricche di sfumature. L’esperienza maturata nel campo della recitazione dalla regista, che ricordiamo essere tra le altre l’indimenticata protagonista di Les amours imaginaires di Xavier Dolan, ha rappresentato sicuramente un valore aggiunto per l’opera e per le performance dei suoi colleghi.
Ma La natura dell’amore ha dato all’autrice anche la possibilità di tornare a raccontare una storia di passione, libertà e soprattutto di desiderio femminile come era stato per il precedente Babysitter. Lo ha fatto con un melodramma raffinato, tenero, colto, sensuale, a tratti struggente (vedi il finale), che a random veste anche i panni di una commedia sentimentale divertente e disinibita. Un mix ben calibrato con e attraverso il quale la Chokri da una parte rende omaggio ai suoi maestri (Truffaut, Demy, Rohmer, Resnais, Lelouch) e al cinema francese che tanto ama al punto da renderlo un suo punto di riferimento, dall’altra declina il discorso amoroso oltre che su un piano erotico anche su quello del conflitto sociale. Il ché aumenta lo spessore drammaturgico e alza la temperatura emotiva del film. Gli amanti di turno sono infatti agli antipodi e non potrebbero essere più diversi: lei proviene da una famiglia colta e benestante, lui da una rumorosa tribù di amici e parenti proletari. Ma si sa l’amore è cieco e gli opposti si attraggono. Staremo a vedere se la distanza culturale e i pregiudizi ostacoleranno la loro relazione. Alla visione l’ardua sentenza.
Francesco Del Grosso