Occasionali filantropi
Esistono diversi possibili approcci all’uscita di un film a suo modo importante, come La bella gente di Ivano De Matteo. Ci si può soffermare sulle circostanze decisamente anomale, per cui tale lungometraggio viene distribuito a distanza di parecchi anni dalla sua realizzazione, avvenuta addirittura nel 2009. Così come si può centrare l’analisi su quei tratti ruvidi, sinceri, impietosi nel mettere a fuoco un disagio diffuso, che rendono tale lungometraggio persino più attuale ora, rispetto a quando è stato girato. L’ideale sarà quindi cercare un (forse im)possibile equilibrio, tra le componenti di un discorso destinato in ogni caso a frammentarsi. E per il senso di forte condivisione estetica, etica ed emotiva destata in noi dall’opera cinematografica di De Matteo, cominciamo pure a parlarne come se le riprese del film fossero terminate l’altro ieri.
Sì, perché l’Italia che ci racconta il regista in fondo non è cambiata, negli ultimi anni. Al limite può essere riuscita nell’impresa di peggiorare. La cosiddetta “bella gente” siamo noi, i nostri vicini di casa, tutti coloro che preoccupati ma non ancora travolti dalla crisi economica vorrebbero provare a distinguersi da quei soggetti, ancora più inquietanti, che hanno assorbito fino al midollo il dilagare di posizioni meschine, reazionarie e xenofobe, ma all’atto pratico finiscono per ricadere in atteggiamenti ugualmente ipocriti e compromissori, pure quando l’obiettivo sarebbe dimostrarsi più tolleranti, “accoglienti”. Parafrasando i nobili trascorsi della commedia all’italiana potremmo anche definirli i “nuovi mostri”…
Sono quindi il desiderio di dare accoglienza e la stessa (mancanza di reale) empatia alcuni dei temi, che danno spessore all’interessante, intelligente script cui Valentina Ferlan ha lavorato in perfetta simbiosi con il regista; un cineasta, Ivano De Matteo, che ha sempre dimostrato (vedi soprattutto Gli equilibristi con Valerio Mastandrea e Barbora Bobulova) di saper interpretare le contraddizioni della realtà sociale odierna con un piglio quantomeno personale.
Nella fattispecie una generosa accoglienza è quanto la coppia benestante formata da Alfredo, architetto, e Susanna, psicologa, vorrebbe riservare a una giovane prostituta strappata in modo poco ortodosso alla vita di strada e al suo protettore, sorpreso a maltrattarla pubblicamente. La ragazza in questione, Nadia, si rivela di origini ucraine e nel film è ottimamente interpretata da Victoria Larchenko. Mentre sono Monica Guerritore e Antonio Catania, bravi come sempre ed estremamente affiatati, a impersonare la coppia borghese.
I protagonisti sono per l’appunto persone di cultura, animate da idee timidamente progressiste, la cui vita si snoda tra gli impegni lavorativi nella capitale e i momenti di relax in campagna, dove possiedono un’ampia e ricca dimora. Il rocambolesco incontro con la prostituta si verifica proprio durante il loro soggiorno estivo nella villa. Ma le cose tra loro non andranno certo come Susanna alias Monica Guerritore, improvvisata filantropa, aveva preventivato nella pia illusione di poter essere concretamente d’aiuto alla ragazza…
La presenza di Nadia nella villa, al contrario, farà emergere tutte le piccole e grandi ipocrisie, l’impreparazione, il gretto conformismo e quell’affiorante paura della diversità, con cui una simile coppia assieme al proprio entourage famigliare e a quel giro di amicizie determinato anche da tale status sociale dovrà infine confrontarsi. Altri personaggi arricchiscono infatti la tendenzialmente squallida galleria di figure, oscillanti tra manie “radical chic” e un non meno pernicioso qualunquismo di destra. C’è per esempio l’altra coppia, quella cui danno vita con notevole impegno Iaia Forte e Giorgio Gobbi, in cui la volgarità di pensiero, l’ostentazione della propria ricchezza e una certa cafonaggine di fondo dominano incontrastate, senza che nemmeno si avverta la tentazione di giustificare cotanta agiatezza con qualcosa di socialmente utile. E poi c’è il viziatissimo figlio di Susanna e Alfredo, impersonato con la consueta verve da Elio Germano, apparentemente intenzionato a scaricare l’insopportabile fidanzata pariolina (Myriam Catania), ma sostanzialmente incapace di ricambiare i sentimenti di Nadia, dopo l’iniziale infatuazione, con qualcosa di profondo, sincero, duraturo…
Insomma, da ciò si intuisce già che sarà proprio la ragazza straniera in difficoltà a pagare di più, emotivamente, questo clima di solidarietà contraffatta e slanci affettivi interrotti a metà strada.
Ciò che di positivo La bella gente ci consegna non è soltanto un plot molto ben congegnato e di stringente attualità, ma anche un valido gioco di attori in cui gli interpreti, tutti molto in parte, restituiscono al meglio tanto l’incipiente sarcasmo che le differenti sfumature emotive di dialoghi, situazioni, in cui si rispecchia gran parte dell’ipocrisia e della mancanza di valori in cui l’Italia di oggi annaspa. Stacchi di montaggio alquanto brutali, variazioni della colonna sonora che sottolineano astutamente le scelte dei personaggi, inquadrature impietosamente rivelatrici e altre intuizioni registiche nobilitano il già lodevole assunto di base, dimostrando come Ivano De Matteo fosse già allora autore da tenere d’occhio.
E qui si tocca, seppur di sfuggita, il secondo punto…
Realizzato ben 6 anni fa, La bella gente è rimasto bloccato così a lungo per una serie di disavventure distributive che ora sarebbe troppo complicato riassumere, ma che parlano anche di un regista fieramente determinato a non veder massacrata l’uscita di un’opera da lui molto sentita; con l’opportuno e necessario controcampo rappresentato da qualche sordido “cinematografaro” e da istituzioni poco sensibili, che hanno invece lavorato in senso contrario. Proiezioni clandestine al Valle occupato, un discutibile accanimento da parte della Finanza, una prima distribuzione riuscita invece in Francia con lusinghieri riscontri di critica è pubblico. Ecco parte della tormentatissima storia che si dovrebbe pur provare a raccontare. Ma per chiunque volesse approfondire, NED Edizioni sta portando in libreria un volumetto, intitolato anch’esso La bella gente, dove a essere pubblicate sono la sceneggiatura, parecchie foto e alcuni “extra” che riguardano anche il parto così sofferto del film. Una bella iniziativa, questa, che segna peraltro il debutto di una collana di libri ribattezzata Cinema da Leggere, alla quale toccherà guardare d’ora in poi con interesse e curiosità.
Stefano Coccia