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Juniper

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VOTO: 8

Non è mai troppo tardi

Nella line-up di un festival c’è sempre quel film che più di tutti travolge lo spettatore con una tempesta di emozioni cangianti per la quale non vi è difesa o barriera in grado di resistere. Gradualmente queste cedono a causa di una gettata che con lo scorrere della timeline si fa sempre più forte, implodendo sullo schermo in un epilogo che lascia un segno indelebile nella memoria del fruitore. Nella 12esima edizione del Bif&st la tempesta è arrivata dalla lontana Nuova Zelanda e risponde al titolo Juniper, abbattutasi sulla platea del Teatro Petruzzelli nel quinto giorno di programmazione. A provocarla l’attore Matthew J. Saville che, passato dietro la macchina da presa, ha firmato un’opera prima di grandissima intensità, dove la scrittura e le perfomance attoriali hanno contribuito in maniera determinante ad alimentarne il carico emozionale.
Su questo carico e sul modo in cui l’autore e gli attori chiamati in causa sono riusciti a veicolarlo si regge un racconto davvero toccante, capace di scaldare, accarezzare e al contempo trafiggere come una lama affilata il cuore dello spettatore di turno. Sorrisi stampati sulle labbra si alternano a momenti dolorosi, per confluire in un finale nel quale la temperatura emotiva raggiunge il suo picco. La storia è quella di un adolescente in piena spirale autodistruttiva che, rientrato dal college dal quale è stato sospeso, scopre che sua nonna alcolizzata si è trasferita lì. Lo scontro tra due personalità volitive e determinate permetterà a lui di aprirsi di nuovo alla vita e a lei di fare i conti con la sua mortalità.
Juniper è un film sull’affetto ritrovato, su un legale biologico indissolubile, sul perdono e sul senso di colpa. Temi che trovano spazio nel capitolo di un romanzo di formazione, ma anche di un dramma familiare costruito su e intorno a un confronto generazionale. Il regista neozelandese porta sullo schermo la cronaca di uno incontro tra due esistenze anagraficamente e caratterialmente lontane, la cui distanza è destinata ad azzerarsi. Come ciò avviene, in un’altalena di incomprensioni, vecchie ruggini, dispetti, verità venute a galla, momenti di tensione, apertura e di indescrivibile tenerezza, rappresenta il tessuto narrativo di un film che lascia il segno, anche e soprattutto attraverso l’intensità delle interpretazioni di Charlotte Rampling e del giovane George Ferrier.

Francesco Del Grosso

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