Il dolce far niente
Fare di un villeggiatura estiva un’esperienza di vita da trasformare poi nel tessuto narrativo e drammaturgico di un film. Di quelle che ti cambiano nel corpo e nella mente, che ti assorbono completamente e profondamente al punto tale da spingerti a mutare il tuo modo di vedere e affrontare gli eventi, le relazioni umane e anche professionali. È quanto accaduto a Fernando Colomo, maestro della commedia spagnola della transición post-Franco, che per la sua ultima pellicola battezzata Isla bonita, approdata sugli schermi nostrani grazie alla rassegna itinerante CinemaSpagna 2016, si riallaccia strizzando l’occhio all’ironia del Woody Allen attore, dando vita – egli stesso nel ruolo del protagonista- a un cineasta in cerca d’ispirazione in quel di Menorca (la “isla bonita” del titolo). Contagiato dall’estivo “dolce far niente” delle Baleari, da quello stato di relax, sexy e splendente, l’eroe di quest’avventura entrerà nella vorticosa vita di una scultrice del luogo e della giovane figlia, propensa al libero amore, in balia di due gelosi spasimanti.
Girato fuori da ogni schema produttivo, il film riflette la magia del luogo, le scoperte amorose, le riflessioni su una vita passata a capire l’altro attraverso il cinema (venti titoli all’attivo!), che, come ricorda lo stesso autore, è “l’alto artificio che costruisce realtà alternative alla vita vera, da cui trae la materia prima”. Isla bonita è tutto questo e molto altro, condensato e riversato su una timeline di cento minuti che scorre come un flusso mentale, dove trovano spazio via via parole e aneddoti legati a fatti e persone incontrate nell’arco della villeggiatura. Per rendere ciò possibile, Colomo apre lo scrigno dei ricordi, lasciandoli uscire a ruota libera per poi riafferrarli dando ad essi un ordine e una collocazione come si usa fare con i tasselli di un puzzle. Tale modus operandi consente al cineasta spagnolo di andare a riempire lo script, scena per scena, dialogo dopo dialogo, e poi la sua messa in quadro, anch’essa libera, plasmabile e adattabile alle situazioni e alle dinamiche che si presentano. Quello che scorre davanti ai nostri occhi è di riflesso un regalo che il regista fa in primis a se stesso, una parentesi “giocosa” all’interno di una filmografia lunga e proficua che aveva bisogno di una sorta di giro di boa ed è come tale che deve essere fruita e approcciata. Chiedere qualcosa di più o di diverso sarebbe troppo per un’operazione di questo tipo. Anche perché di storie di artisti in fuga e in cerca d’ispirazione, la Settima Arte ne ha bauli pieni. Dunque, non è nel personaggio protagonista e nel suo disegno ormai logoro e archetipo che si può andare a cercare una motivazione valida tale da convincere lo spettatore a vedere il film. Piuttosto, la curiosità da saziare sta nello scoprire come riesce a superare certe situazioni, alcune delle quali decisamente azzardate.
Purtroppo questa libertà creativa, sia in fase di scrittura che di messa in quadro, non sempre genera una solidità strutturale nel racconto e nella successiva trasposizione audio-visiva. A volte si assiste a uno scollamento, a una mancanza di fluidità nei raccordi e anche a passaggi a vuoto di stallo nel racconto, conseguenze dirette della suddetta impostazione drammaturgica e stilistica. Così, se da una parte Colomo ci ha mostrato quale e quanta indipendenza da certi schemi pre-confezionati si può raggiungere dietro e davanti la macchina da presa, dall’altra è possibile imbattersi negli effetti collaterali legati a questo modo di procedere. L’accumulo è causa il più delle volte di saturazione di elementi che non coesistono sempre e comunque. In Isla bonita ciò si verifica in più di un’occasione, tanto da risultare a conti fatti come il vero tallone d’Achille dell’operazione. Operazione che, nonostante i limiti messi in evidenza, ci ha lasciato comunque una serie di momenti divertenti e soprattutto degli scenari naturali mozzafiato (su tutti la grotta nella scogliera) che valgono più di qualsiasi dépliant da agenzia viaggi. Una cosa è certa: dopo aver visto questo film sarà difficile resistere alla tentazione di andare a trascorrere le vostre prossime vacanze in quel di Menorca.
Francesco Del Grosso