Stregoni e apprendisti stregoni
Vi era molta curiosità alla Tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma per l’anteprima italiana del nuovo film di Eli Roth, The House with a Clock in Its Walls (nella versione italiana Il mistero della casa del tempo), una premiere impreziosita tra l’altro dall’arrivo di Cate Blanchett nella capitale. Il pomeriggio del 19 ottobre, a corollario di tale presenza, l’Auditorum si è affollato di fan della meravigliosa interprete, tutti asserragliati accanto al red carpet in attesa del rituale passaggio. E tra di loro ce n’erano addirittura alcuni vestiti da Elfi! Beh, la nobile, eterea Galadriel de Il Signore degli Anelli è rimasta impressa anche a voi, nevvéro?
Venendo invece al fantasy diretto dal solitamente cruento (e qui decisamente più castigato) Eli Roth, l’impressione finale è quella di un prodotto cinematografico grazioso, curato, privo tuttavia dell’immaginifico slancio necessario ad aggiungere qualcosa di davvero rilevante al genere di riferimento.
Adattamento cinematografico del romanzo La pendola magica del 1973, scritto da John Bellairs ed illustrato da Edward Gorey, The House with a Clock in Its Walls strappa senz’altro simpatia, sin dalle battute iniziali, grazie ai suoi pittoreschi, stralunati protagonisti. L’istrionico Jack Black (nel film Jonathan Barnavelt) e la già menzionata Cate Blanchett (ovvero Mrs. Zimmerman) vengono qui a costituire un’accoppiata di stregoni molto ben assortita. Il primo, in particolare, è lo zio di un ragazzino divenuto da poco orfano: Lewis Barnavelt (impersonato in modo sbarazzino dal baby attore Owen Vaccaro) assieme all’unico parente che può ancora accudirlo troverà anche una dimora assai particolare, in quanto cosparsa di segreti e magie. Con atmosfere che possono ricordare Una serie di sfortunati eventi come anche Piccoli brividi, il lungometraggio in questione ha nel tono ludico del racconto, nella spigliatezza degli interpreti e nelle gotiche, ammiccanti scenografie della casa stregata i suoi punti di forza.
Sorprende, semmai, che tra i vari comparti narrativi sia proprio l’inserimento del giovane protagonista in una realtà nuova sia a livello scolastico che di consuetudini famigliari, con le quasi inevitabili ricadute negli stilemi del teen movie stelle e strisce, a risultare più convincente. Strano a dirsi, ma proprio a colui che in anni recenti è stato il regista di pellicole particolarmente sadiche e truculente quali Hostel, Hostel: Part II e The Green Inferno, pare essere mancato giusto quel minimo di cattiveria, necessario a rendere credibili le parti più tenebrose del racconto. Desiderio, il suo, di sondare nuovi terreni? Sta di fatto che la stessa figura dell’antagonista, il perverso stregone Isaac Izard dedito alla negromanzia, risulta tratteggiata un po’ troppo frettolosamente; e per quanto a dargli vita (anzi, a riportarlo indietro dalla morte) sia un attore di culto come Kyle MacLachlan, le sue macabre apparizioni in scena creano meno tensione di quanto ci si aspetterebbe. Insomma, The House with a Clock in Its Walls si lascia apprezzare quale intrattenimento garbato, a tratti divertente, poco o niente spaventoso, ma per mancanza di soluzioni veramente originali e di una convincente escalation drammaturgica è difficile ipotizzare che lasci un segno duraturo, riconoscibile, nella storia già così ricca del cinema fantastico.
Stefano Coccia