Verso un futuro migliore
Quanto è difficile reinserirsi nel mondo del lavoro dopo un passato dietro le sbarre? In che modo si può trovare una soluzione al fine di riuscire ad arrivare a fine mese e a mantenere la propria famiglia? Se il tema della precarietà del lavoro, della non facile vita di chi si sente escluso da tutto e da tutti è stata più e più volte affrontato, negli ultimi anni, per quanto riguarda gran parte delle produzioni nostrane, ecco arrivare in sala un prodotto che cerca di mettere in scena tale tema usando anche un pizzico di gradita ironia.
Opera prima del celebre attore Giorgio Tirabassi, Il grande salto punta a raccontare la vita di due persone comuni, ai margini della società e amici di vecchia data. Stiamo parlando di Rufetto (Tirabassi, appunto) e Nello (Ricky Memphis). Rufetto è sposato, ha un figlio piccolo e vive in casa con i suoceri, mentre Nello è single in cerca di storie, durature o meno. I due, dopo aver scontato una pena di quattro anni in seguito a una rapina finita male, tentano in tutti i modi di mettere da parte un bel po’ di soldi, organizzando quello che dovrebbe essere il colpo della loro vita in un ufficio postale che ha aperto da poco. Le cose, tuttavia, non sempre vanno come sperato e per i due si prospettano numerose altre avventure. Sarà colpa del destino? Secondo Nello, sicuramente sì!
Pur non essendo il primo lungometraggio a mettere in scena storie di personaggi che si danno al crimine a causa della crisi in campo lavorativo (come non pensare alla fortunata saga diretta da Sydney Sibilia, che ha avuto inizio con il frizzante Smetto quando voglio?), Il grande salto punta innanzitutto a un approccio il più possibile vicino al reale, con tanto di riuscito ritratto di una Roma di periferia che tanto sta a ricordarci la stessa periferia statunitense, con edifici abbandonati e squallidi locali sparsi qua e là. E la tal cosa, se unita a una sottile ironia di fondo mista ad amarezza e a qualche momento davvero esilarante (primo fra tutti, la scena in cui i due tentano la rapina al suddetto ufficio postale, con una comparsata di Valerio Mastandrea), inizialmente funziona anche.
Il problema principale di un lavoro come questo di Tirabassi, però, sta soprattutto nella seconda parte del lungometraggio, momento in cui i toni iniziali vengono abbandonati, ci si arrampica evidentemente sugli specchi al fine di trovare una soluzione appropriata a una situazione non facile da gestire e, infine, si finisce inevitabilmente per trattare ogni qualsivoglia argomento totalmente scollegato dal resto del film: dalla crisi mistica al conseguente fanatismo religioso, fino, addirittura, al discutibile mondo dell’informazione e alla questione dei cosiddetti influencer.
In parole povere, è proprio nell’ultima mezz’ora che Il grande salto finisce inevitabilmente per sgonfiarsi come un palloncino perdendo parecchi punti, malgrado un inizio tutto sommato interessante. Questa opera prima di Tirabassi, purtroppo, non convince del tutto. Peccato.
Marina Pavido