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Il bene mio

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VOTO: 6.5

(R)esistere

Ci sono sensazioni che, molto probabilmente, le giovani generazioni non hanno mai provato e forse la Settima Arte serve anche a questo, a farcele toccare, riscoprendo certi valori. Questo è ciò che si prova assistendo a Il bene mio di Pippo Mezzapesa. Dopo esser stato presentato come evento speciale fuori concorso alla 15esima edizione delle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia 2018, l’ultimo lavoro del regista pugliese arriva nelle nostre sale grazie ad Altre Storie.
La messa in scena iniziale (volutamente non ve la descriviamo) viene di lì a poco smontata da Elia (un Serio Rubini impeccabile), l’unico uomo che ormai resiste a Provvidenza, un paese distrutto fisicamente – e non solo – dal terremoto. Queste calamità naturali lasciano dei veri e propri detriti all’interno di chi le subisce e sia il regista che il protagonista lo sanno rendere molto bene. Ci sono ferite che lacerano, fanno rinchiudere a riccio, eppure a quella terra che si è “ribellata” Elia è ancora molto legato, forse perché la sua compagna di vita è in qualche modo ancora lì. Così, mentre tutti i sopravvissuti hanno popolato “Nuova Provvidenza”, lui si ostina a rimanere nel suo paese; a tratti la mente va alla cocciutaggine di Zio Vanja interpretato da Vinicio Marchioni (anche regista) e alla capacità di restare di sua nipote Sonja – la brava Nina Torresi. Abbiamo voluto citare questo adattamento di Letizia Russo del classico cecoviano perché anche qui il terremoto irrompe nelle vite, la reazione, però, è soggettiva (lo spettacolo sarà nuovamente in tournée nella stagione 2018-2019).
Ne Il bene mio il protagonista si aggrappa con le unghie e con i denti a quella terra – la sua – impegnandosi nel mantenere vivi i ricordi grazie al supporto dell’amico Gesualdo (Dino Abbrescia). Col tempo, però, l’ammasso di case e muri disabitato – se non per uno – diventa un ostacolo, qualcosa da abbattere; il sindaco intima a Elia di lasciare «con le buone» quel luogo, ma qualcuno arriva a mettere in crisi gli equilibri. Tra le macerie della scuola, dove perse la vita sua moglie, si nasconde Noor (Sonya Mellah) ed è quell’incontro con l’altro che lo porterà a porsi delle domande, prendendo una decisione non sofferta, ma consapevole e serena.
«Mi hanno sempre affascinato i paesi fantasma, borghi che, in seguito a eventi naturali o per effetto di un graduale spopolamento, sono stati abbandonati a un destino di lento e inesorabile deperimento», ha dichiarato Mezzapesa. «Luoghi avvolti dal silenzio, gonfi d’assenza, divorati dall’incuria e dalla vegetazione, i cui unici sospiri appartengono al vento. È in queste strade che ho cercato le ragioni per cui un uomo decide di non andar via. Nel vuoto di case senza più anima, è nata la storia di Provvidenza e del suo ultimo abitante: Elia, un uomo che resiste. La sua è una lotta personale contro la rimozione del ricordo e l’inesorabile smembramento di una comunità che vorrebbe spegnere quell’ultima luce di Provvidenza; un bagliore che, notte dopo notte, risveglia incubi, riapre ferite. Elia argina l’oblio, si prende cura di quello che inevitabilmente il tempo e l’abbandono distruggono e lo fa con risolutezza e amore. Lo stesso amore che l’ha portato a rimanere a Provvidenza anche dopo il terremoto che l’ha frustata». Tutto questo trasuda da Il bene mio e merito va dato alla sensibilità di chi ha ideato una poesia cinematografica ideato e a chi ne ha dato corpo e silenzi sullo schermo – oltre ai già citati, completano il cast Francesco De Vito, Michele Sinisi, Caterina Valente e Teresa Saponangelo.

Maria Lucia Tangorra

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