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How to Have Sex

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VOTO: 7,5

L’estate in cui tutto è cambiato

In un festival come Castiglione del Cinema che, a partire dalla sua seconda edizione ha deciso di dare spazio alle opere prime e al cinema degli emergenti, non poteva di certo mancare quello che a parere di molti addetti ai lavori è uno dei migliori esordi della stagione, vale a dire How to Have Sex di Molly Manning Walker. A certificarlo non sono soltanto le qualità espresse, ma anche i fatti e i risultati raccolti sino al passaggio alla kermesse diretta da Emanuele Rauco in quel di Castiglione del Lago, che ha visto la pellicola in questione uscire nelle sale nostrane con Teodora Film lo scorso febbraio dopo avere fatto tappa in diverse prestigiose vetrine del circuito festivaliero internazionale. Un percorso, quello del film scritto e diretto dalla regista e DOP londinese, iniziato con l’anteprima mondiale alla 76ª edizione del Festival di Cannes, dove si è aggiudicato il primo premio nella sezione Un Certain Regard, proseguito poi in altre manifestazioni come Toronto e Alice nella Città della Festa del Cinema di Roma 2023, suggellato dalle vittorie agli European Film Awards per la miglior rivelazione e di tre British Independent Film Awards su dodici candidature complessive, tra cui quella per la migliore protagonista, andata più che meritatamente a Mia McKenna-Bruce.
L’attrice britannica, che si era già fatta conoscere con le serie Get Even e Vampire Academy, veste i panni di Tara, una delle tre teenager inglesi in vacanza di rito dopo la fine degli esami di maturità in quel di Malia, sull’isola greca di Creta, all’interno di una località di villeggiatura letteralmentepresa d’assalto da coetanei devoti alle feste, alle droghe e al sesso. Ma mentre le due amiche hanno già avuto le prime esperienze sessuali, Tara non si è ancora cimentata con l’amore fisico. E qui entrano in ballo i dirimpettai dell’albergo, tre ragazzi con cui condivideranno la maggior parte delle feste scatenate, dei balli sfrenati e degli eccessi. Il tutto si trasformerà, in primis per Tara, per il classico rito di passaggio, che porterà lei e le compagne di viaggio a navigare nella complessità del sesso, del consenso e della scoperta di sé.
Al ricchissimo campionario di tematiche messo a disposizione dal coming of age legato all’essere adolescenti, qui affrontato con puntualità e attenzione (dalla paura di essere diversi alle amicizie tossiche), la cineasta britannica si confronta coraggiosamente proprio con un argomento delicato e complesso, scivolosissimo e dal peso specifico piuttosto rilevante, come quello del consenso sessuale e delle sue zone d’ombra. Lo fa senza timori e filtri, in modo libero e onesto, senza manifesti ideologici e senza mai giudicare i personaggi. Tematiche come queste spaventerebbero chiunque e infatti sono largamente evitate, in particolare dal cinema mainstream. Il ché rende How to Have Sex un film prezioso e importante dal punto di vista dei contenuti, a maggior ragione se come nel suo caso vengono veicolati da un’autrice che è al debutto dietro la macchina da presa. Ed è questo coraggio che va prima di tutto sottolineato e messo in evidenza, indipendentemente dai risultati raggiunti.
Per approcciare e sviscerare il tema in oggetto e tutti gli altri a corollario, la Walker si concentra sulla protagonista. Il vissuto di Tara nell’arco del racconto diventa il baricentro su e intorno al quale ruota e si sviluppa il tutto. Al netto di qualche futile digressione narrativa e incertezza drammaturgica che reiterano concetti ampiamente espressi, la regista non perde mai il fuoco e lo indirizza sul personaggio principale, pedinandolo e seguendone il percorso di educazione sessuale che è dolentemente squallido nella sua normalità, fino a un evento tanto comune quanto traumatico. E qui entra in gioco la talentuosa Mia McKenna Bruce, che con la sua efficacissima ed emotivamente coinvolta interpretazione si carica sulle spalle l’intero film e le zavorre tematiche al seguito. È bravissima a dare concretezza e verità alle due fasi che si trova ad attraversare il personaggio che le è stato affidato: da una parte quella euforica, chiassosa e spaccona della prima parte e dall’altra quella in cui il silenzio, lo smarrimento e il disagio post violenza prendono il sopravvento. Non era per nulla semplice restituire tutte le sfumature e gli scollinamenti che la figura di Tara si trova ad attraversare durante la narrazione, ma lei ci riesce tanto da diventare il punto di forza sul quale la Walker ha potuto fare affidamento per portare in porto sana e salva la nave e il suo esplosivo e pericoloso carico.

Francesco Del Grosso

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