Un’educazione (non solo) letteraria
Tra le tante attrici che di recente hanno compiuto il fatidico passo dietro la macchina da presa, ecco il rimarchevole esordio di Patricia Arquette con Gonzo Girl, visto e apprezzato alla Festa del Cinema di Roma 2023 nella sezione Grand Public.
Già dal titolo appare evidente la centralità della corrente letteraria e giornalistica, essenzialmente basata su esperienze di vita narrate dall’autore stesso, creata dal celeberrimo Hunter S. Thompson, per l’occasione ribattezzato Walker Read ma in tutta evidenza figura riferita al protagonista immortalato cinematograficamente nel magnifico Paura e delirio a Las Vegas (Fear and Loathing in Las Vegas, 1998) di Terry Gilliam, con Johnny Depp ad impersonare lo scrittore. In Gonzo Girl impersonato da Willem Dafoe, bravissimo nell’esprimere una vena di follia e vulnerabilità sempre arrestandosi ad un passo dall’istrionismo.
Il lungometraggio di Patricia Arquette – tratto dal romanzo autobiografico di Cheryl Della Pietra – lavora sul concetto di tempo che, inesorabilmente, scorre. Siamo agli inizi degli anni novanta ma, nella comunità di cui Walker Read è una sorta di guru, è come se ci trovassimo in pieni anni settanta. Droga, sesso e testi in assoluta libertà creativa la fanno da padroni. In questo contesto approda la giovane Alley Russo (Camila Morrone, bellissima ex modella da tempo inserita nel cinema, al primo ruolo importante con esiti brillanti), decisa a sfondare in ambito letterario nonché fervida ammiratrice delle opere di Read. Il quale, anche per motivi anagrafici, vegeta in una totale crisi d’ispirazione. Ci penserà Alley, come assistente personale dello scrittore, a trovare rimedio alla situazione. Ribaltando spesso, lungo il percorso diegetico di Gonzo Girl, il basico concetto di pigmalione e allieva, fondamento di ogni racconto di formazione che aspiri a definirsi tale.
Ecco allora che un sottogenere anche abbastanza usurato come il classico “coming of age” finisce con l’assumere altri significati. Con l’Arte che passa in secondo piano rispetto ad aspetti quali amore, amicizia, desiderio di trovare una collocazione definita nel mondo. Con mano decisamente sincera ma al contempo discretamente raffinata la Arquette mette in scena un rutilante caleidoscopio di situazioni critiche che metteranno alla prova il talento di Alley. Non solamente quello di scrittrice “supplente” proteso a migliorare il lavoro di Read ma quello ben più importante di adattamento alla vita. Un periodo vissuto pericolosamente anche per la precarietà estrema di rapporti condizionati dall’uso frequente di stupefacenti, ovviamente in grado di minare qualsivoglia lucidità di giudizio.
Patricia Arquette – che si ritaglia il ruolo secondario di prima, veterana, assistente di Read – anche a costo di rischiare un certo immobilismo narrativo, si sofferma su dettagli atti a dimostrare l’impossibilità di fondo di arrestare, appunto, il tempo. E la figura di Walker Read, aggredita in senso lato dal nuovo che avanza, riesce persino a suscitare qualche scampolo di commozione, anche mediante le rughe mostrate senza artifici di trucco dal protagonista maschile Dafoe e dalla stessa Arquette.
Gonzo Girl, nonostante le premesse non propriamente originali, si fa apprezzare sia per la sincerità dell’insieme che per il messaggio veicolato: la ciclicità dell’esistenza rimane un fatto inconfutabile, capace di mettere a tacere, prima o poi, qualsiasi espressione di rabbia ribelle.
Nostalgia di un passato culturalmente lontanissimo accresciuta in modo notevole dalla mediocrità contemporanea.
Daniele De Angelis