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Gifted – Il dono del talento

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VOTO: 6.5

Bambini prodigio a Hollywood

Gifted – Il dono del talento è un film che non bara. Mantiene ciò che promette. Cioè una storia edificante come nei pressi di Hollywood amano confezionare, arricchita da qualche scarto narrativo in grado di attrarre anche i palati meno assuefatti a tali ricette a denominazione d’origine controllata. Se poi dovessero arrivare anche nominations all’Oscar il traguardo sarebbe pienamente centrato. E non ci stupiremmo affatto della cosa, ad essere sinceri.
Il plot, più sofisticato di quanto non si direbbe a prima vista, mette al centro della narrazione la piccola Mary, orfana di madre, che vive con l’aitante Frank. Il quale sembrerebbe ad un primo impatto essere il padre, ma in realtà – come si scoprirà procedendo nella visione – è lo zio, dal quale la madre si è fatta promettere in punto di morte di badare alla piccola. Gifted, insomma, richiede allo spettatore sin dall’inizio un piccolo sforzo nel provare a comprendere le non banali dinamiche famigliari presenti in esso, tanto più che c’è una nonna pronta a rivendicarne l’affidamento. A maggior ragione perché Mary, a nemmeno dieci anni d’età, è già un genio della matematica da far impallidire un qualsiasi premio Nobel.
Il regista Marc Webb, messi in archivio i due Spider-Man e soprattutto la gradevolissima originalità del lungometraggio d’esordio (500) giorni insieme (2009), ripiega su uno stile classico che mette a confronto fino allo scontro una parte buona e disinteressata (quella di Frank, interpretato da “Captain America” Chris Evans, viso e fisico da eroe positivo per eccellenza) con altri personaggi della medesima risma al seguito tipo maestra elementare e vicina di casa di colore ed un’altra ambigua, capitanata da nonna Evelyn, interpretata da un’impeccabile Lindsay Duncan, che qualcuno ricorderà fantastico soggetto/oggetto di seduzione nel purtroppo ormai datato cult-movie Riflessi sulla pelle di Philip Ridley (1990). Tutto abbastanza convenzionale, sorta di una versione di A Beautiful Mind della minore età, si potrà obiettare; oltretutto impreziosito persino oltre misura da una confezione extra-lusso, con la fotografia del mago Stuart Dryburgh ad esaltare la luminosità di locations che seguono, assieme all’evolversi della storia, pure gli stati d’animo dei personaggi principali. Eppure qualcosa d’inaspettato arriva, allorquando la cinepresa di Webb approfondisce l’educazione alla vita impartita dallo zio alla nipotina. Sequenze come quelle dell’ospedale, in cui la piccola Mary si unisce alla gioia per una nascita da parte di una famiglia di sconosciuti, lasciano allo spettatore un bel retrogusto di sorprendente vita vissuta, inevitabilmente contrapposta allo squallore di una società “istituzionale” che non riesce ad interpretare gli autentici bisogni dei bambini.
Anche per questi motivi, alla fine Gifted risulta più un solido e spontaneo lacrima-movie piuttosto che una furba operazione commerciale. Dato per scontato che esista una cospicua fetta di pubblico fedelmente appassionata verso tali prodotti, registriamo volentieri lo sforzo fatto dagli autori nel tentativo di superare tali asfittici confini. Non sarà – e nemmeno vuole esserlo, in fondo – un capolavoro, Gifted – Il dono del talento; ma di certo è un film che si lascia seguire con piacere persino nelle sue formule più collaudate. Segno che il compito, sicuramente non trascendentale come grado di difficoltà, è stato comunque eseguito nel miglior modo possibile.

Daniele De Angelis

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