In giro per l’Europa
I road movie, si sa, hanno sempre esercitato un grande fascino su pubblico e critica (quando, ovviamente, realizzati come si deve). E se pensiamo a un lungometraggio interamente ambientato all’interno di un tir, non possiamo non ricordare il documentario Tir, appunto, per la regia di Alberto Fasulo, vincitore della Festa del Cinema di Roma 2013. Simile ambientazione – ma per una storia totalmente di finzione – è stata scelta per il lungometraggio Drive Me Home, ultima fatica di Simone Catania, già presentato in anteprima al Torino Film Festival 2018.
Attraverso un viaggio che parte proprio dai Paesi Bassi e arriva fino in Sicilia, dunque, vediamo due amici finalmente riuniti che, finalmente, dopo tanti anni, ricominciano a condividere sentimenti e segreti. È questa la storia di Antonio (Vinicio Marchioni) e Agostino (Marco D’Amore), due amici sin dai tempi dell’infanzia che, chi per un motivo, chi per l’altro, si trovano entrambi all’estero. Agostino lavora tra Germania e Paesi Bassi come camionista, mentre Antonio, intenzionato a vendere la sua vecchia proprietà in Sicilia, raggiunge l’amico all’estero, al fine di capire per quale motivo si sia improvvisamente allontanato da lui.
In Drive Me Home, ciò che viene messo in scena è, dunque, principalmente la riscoperta di sé stessi, di un antico rapporto di amicizia e di ciò che maggiormente si desidera nella vita.
Un lavoro, il presente, indubbiamente con molto potenziale, sebbene non del tutto originale e neanche troppo facile da sviluppare come si deve, senza scadere nel già visto. Eppure, in questa occasione, Simone Catania fatica un po’ a gestire non soltanto il rapporto che lega i due protagonisti (peraltro interpretato complessivamente bene dai due attori), ma anche – e soprattutto – l’intero andamento narrativo.
A seguito di un incipit che ci mostra i due protagonisti da bambini con conseguente ellissi temporale, dunque, nella prima mezz’ora del lungometraggio, ci sembra che, di fatto, non sia accaduto assolutamente nulla di particolarmente rilevante. E la stessa impressione, purtroppo, si ha anche man mano che si va avanti con l’intera messa in scena. Fatta eccezione, infatti, per sporadici incontri più o meno casuali – vedi, ad esempio, gli abitanti di una piccola fattoria che danno ospitalità ai due ragazzi dopo un incidente – i fattori esterni che hanno, in qualche modo, una anche minima influenza sulle vicende dei due o sull’andamento del lungometraggio in sé sono davvero pochi. E la cosa in sé andrebbe anche bene se il rapporto dei due amici fosse, per contro, ben sviluppato da una sceneggiatura di ferro.
Nonostante, tuttavia, uno script complessivamente pulito, ulteriormente valorizzato dalle buone interpretazioni di Marchioni e D’Amore, il tutto non riesce a decollare, restando costantemente sottotono e non riuscendo mai realmente a coinvolgere lo spettatore.
E così, a seguito di tali, indubbiamente rilevanti problematiche, al termine della visione di Drive Me Home accade, purtroppo, che, già poco tempo dopo la visione in sala, si tenda a dimenticare l’intero lavoro e a confonderlo con numerose altre pellicole che trattano argomenti simili. Peccato.
Marina Pavido