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Dersu Uzala

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VOTO: 9.5

L’Uomo e la Natura, l’Uomo è la Natura

Siamo nel 1975. Un anno importante per quanto riguarda la Settima Arte. È l’anno, questo, in cui vediamo nascere pellicole del calibro di Barry Lyndon, Salò o le 120 giornate di Sodoma, Qualcuno volò sul nido del cuculo e Profondo rosso. Non sono, questi, però, gli unici capolavori che vedono la luce in questo anno glorioso. Il 1975, infatti, segna soprattutto un grande ritorno nel mondo del cinema: il ritorno del grandissimo cineasta giapponese Akira Kurosawa, il quale, dopo una profonda crisi personale in seguito al flop del suo (meraviglioso, ma sottovalutatissimo) Dodes’ka-den (1970), film corale di forte impronta neorealista, ambientato in una baraccopoli nipponica, dà vita ad un altro capolavoro, destinato ad entrare di diritto nella storia del cinema. Il lungometraggio in questione è Dersu Uzala, girato nel 1975 – esattamente cinque anni dopo l’uscita in sala di Dodes’ka-den – tratto da una storia realmente accaduta, frutto di una coproduzione con la Russia, vincitore del Premio Oscar al Miglior Film Straniero nel 1976 e da oggi finalmente disponibile in formato blu ray grazie a CG Entertainment.
Dersu Uzala: un nome semplice, breve, conciso. Un piccolo nome. Il nome di un piccolo uomo che per anni ha vissuto nella taiga siberiana diventando un tutt’uno con la natura. Un piccolo uomo che ha trovato in un esploratore russo il suo più grande amico. È questa, infatti, la storia di una grande amicizia nata per caso, ma forte nel corso degli anni, malgrado la distanza. L’amicizia tra il cacciatore Dersu Uzala, appunto, ed il capitano Vladimir Klavdievič Arseniev, incaricato di esplorare la taiga fino ad arrivare al confine con la Cina. Tutto ciò accade nel 1902 ed è da questo anno che inizia il lungo flashback in cui Arseniev stesso ricorda il suo amico scomparso da pochi anni. Un amico che avrà più volte occasione di salvargli la vita e che, malgrado tutto, non chiederà nulla in cambio, se non qualche pallottola per continuare a dedicarsi alla caccia.
Il personaggio di Dersu Uzala in sé sembra, fin dal primo momento, appartenere ad un mondo fantastico, magico. Non sembra, di fatto, parte del nostro mondo. Lo si può notare non solo dal rapporto speciale con la natura che lo circonda e da come si rivolga ad ogni suo elemento chiamandolo “uomo”, ma proprio dal suo identificarsi con la natura stessa, al punto di diventare un tutt’uno con essa e da trovarsi, pertanto, del tutto fuori luogo nel momento in cui sarà costretto ad abitare in una casa di città. Ed è proprio la natura, dunque, l’altra grande protagonista della pellicola di Kurosawa: una natura madre, sorella, amica, che, però, di punto in bianco può diventare spietata, punendo duramente chiunque tenti in qualche modo di dissacrarla.
Chi meglio del maestro Kurosawa, dunque, avrebbe potuto raccontare per immagini due rapporti così forti ed importanti come quello tra Arseniev e Dersu Uzala e tra quest’ultimo e la natura? Da grande esperto in campi lunghi – non dimentichiamo, ma forse non serve neanche ricordarlo, che i suoi western, e non solo, hanno fatto scuola in tutto il mondo – ecco apparire sul grande schermo immagini altamente poetiche e suggestive, addirittura contemplative nel mostrarci i due uomini, Dersu Uzala ed Arseniev, appunto, vagare per la grande pianura siberiana, con il sole al tramonto, nel tentativo di costruirsi un riparo per la notte. Poco spazio alle parole, le immagini – e le figure dei due uomini in controluce con un caldo sole (terzo personaggio della scena) sullo sfondo – sono qui le vere protagoniste, stando quasi a ricordarci delle ombre cinesi, dato, appunto, il forte controluce ottenuto grazie alla fotografia di Asakazu Nakai.
Ritmi lenti, grandi silenzi, poche ma significative parole e, soprattutto, i semplici ma precisi gesti di Dersu Uzala – insieme ai suoi grandi insegnamenti – scandiranno gran parte della pellicola, dando vita, così ad un grande capolavoro – e per una volta possiamo essere sicuri di non esagerare usando tale termine – che non solo ci regala una storia di rara delicatezza, ma si fa anche vero e proprio manuale di regia per quanto riguarda la gestione degli spazi e della luce. Una pellicola da vedere e rivedere, assolutamente da recuperare nel caso in cui qualcuno non abbia ancora avuto la possibilità di apprezzarla. Un vero piacere per gli occhi e per lo spirito. Quale declinazione migliore, dunque, per la nostra amatissima Settima Arte?

Marina Pavido

Dersu Uzala
Regia: Akira Kurosawa  Giappone, URSS 1075
Durata: 141′  Cast: Maksim Minzuk, Yuriy Solomin
Lingue: Italiano DTS HD-Master audio 5.1, Originale DTS HD_Master audio 5.1, Italiano Dolby Digital 5.1, Originale Dolby Digital 2.0  Sottotitoli: Italiano per non udenti
Formato: HD 1080 24p – 2.35:1
Extra: Arseniev in Kamchatka, Akira Kurosawa sul set, IX Festival di Mosca (1975)
Distribuzione: CG Entertainment

 

 

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