Bentornati a Tangentopoli
Il 1993 è un anno di svolta. Per i cinefili più incalliti, esce nelle sale Jurassic Park, il film di Steven Spielberg che più di tutti ha usufruito in abbondanza della computer grafica; Quentin Tarantino inizia a girare Pulp Fiction, che decretò l’anno dopo la vittoria del regista americano al Festival di Cannes del premio più ambito, la Palma d’Oro. Tuttavia, guardando il mondo con una lente meno cinematografica e più politica, di fatti che hanno cambiato la storia ce ne sono stati, eccome: dopo anni di sfruttamento e di violazioni di diritti umani, finisce l’Apartheid in Sud Africa, con Mandela che ottiene il Nobel per la Pace; il CERN di Ginevra, il 30 aprile di quell’anno, porta alla luce Internet, dopo la sua invenzione e sperimentazione nel 1991, con tutte le conseguenze (nel bene o nel male) che questo strumento sta avendo nel quotidiano di ciascun individuo; per finire, il 1 novembre entra in vigore il trattato di Maastricht, che sancisce ufficialmente la nascita dell’Unione Europea.
Tutta questa cronologia di eventi, che può sembrare inizialmente noiosa e superflua, serve certamente a mostrare le principali trasformazioni che sono avvenute nella scacchiera globale durante quel periodo cruciale della storia contemporanea. Domanda: l’Italia è stata all’altezza della partita? Come si è comportata di fronte a questi cambiamenti epocali? Dalla serie appena trasmessa da Sky, che prende il nome proprio dall’anno in cui questo viene ambientato, la risposta non può che essere ambigua e densa di diverse interpretazioni. 1993, la seconda stagione andata in onda nella TV di Rupert Murdoch, illustra in maniera sequenziale i fatti principali che hanno portato a Mani Pulite, da quelli giudiziari, come il processo Enimont, che vede numerosi esponenti della politica della Prima Repubblica accusati di aver intascato tangenti in cambio dell’accordo miliardario tra le aziende ENI e Montedison, a quelli più prettamente politici, come la disgregazione dei maggiori partiti come la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista e il Partito Socialista, con Bettino Craxi al centro di quel lancio di monetine riprese dalle telecamere dei tg nazionali di fronte all’Hotel Raphael.
Il 1992, come la prima stagione ha energicamente rappresentato, è stato l’anno di rottura, la linea di demarcazione tra l’oligarchia corrotta dei partiti di massa, con i suoi principali protagonisti sostenuti dalle varie fasce della popolazione secondo un’ideologia e un’identità, e un nuovo modo di intendere (giusto o sbagliato che fosse) la politica, dal linguaggio, lontano dal politichese e più diretto e comprensibile al cittadino, allo stile e al carisma capace di travolgere e inglobare pensieri e valori diversi tra loro in un’unica bandiera. Andreotti, Craxi, D’Alema, da una parte, e Berlusconi, l’outsider destinato a governare, dall’altra. Attorno a questi schieramenti, in mezzo, c’è lui, Leonardo Notte, interpretato da Stefano Accorsi, un uomo dal passato oscuro (nella serie viene utilizzato il bianco e nero per fornire maggiore contrasto nei vari flashback durante gli episodi) all’interno del movimento studentesco di sinistra, ma che ora lavora per Berlusconi e Dell’Ultri a Fininvest, l’azienda di proprietà del cavaliere.
Nella prima stagione di questa trilogia, che si concluderà con 1994, viene per l’appunto mostrata la sfrenatezza, il vizio e il desiderio di potere con un montaggio e una regia estremamente dinamica, proprio a rappresentare la mancanza di un controllo non solo nella gestione politica ma anche nel sistema di valori, dove il denaro e le posizioni di rilievo nelle aziende e nelle Istituzioni nazionali rappresentano gli elementi a garantire protezione e crescita di un uomo. Ed è proprio da qui, dalla definizione di uomo, che riparte la seconda fase di questo racconto, perché di racconto si tratta, nonostante i riferimenti a eventi reali. “Un vero uomo esce a testa dalla porta principale“, non scappa dal retro come un codardo. A dirlo è proprio Berlusconi nel momento in cui il socialista Craxi andava incontro al suo tragico destino, anche se, al termine della protesta di fronte all’albergo, non si risparmia una previsione che si rivelerà azzeccata: “Non lo vedi, è un uomo finito” dichiara di fronte a Leonardo, ma che può essere interpretato come il termine di un ciclo politico, e l’inizio di un altro.
1993 descrive dunque questa transizione, con una regia più salda che si focalizza sui suoi personaggi, che ora si trovano a dover riflettere sul loro ruolo in questa partita e sulla strategia da adottare per rimanere a galla. Il magistrato Antonio Di Pietro, oltre a indagare sul marcio intorno ai grossi affari e nei palazzi del potere, deve affrontare il suo ego smisurato che potrebbe trasformare l’aula in uno spettacolo che svia l’attenzione sul preciso ruolo di un tribunale, che è quello di ottenere giustizia. Luca Pastore, malato di AIDS a causa di una trasfusione di sangue infetto, deve invece fronteggiare il suo desiderio di vendetta verso l’azienda che ha guadagnato a scapito della salute e della vita dei pazienti che hanno contratto quel virus mortale.
Veronica Castello, la showgirl che è finalmente approdata alla prima serata sulla RAI, dopo l’incontro con un affascinante giornalista, deve decidere se quella vita di completa sottomissione ai voleri dei potenti per un posto in prima fila nelle trasmissioni di successo sia la soluzione giusta per lei. Pietro Bosco, il leghista arrivato a Roma per rompere con la tradizione, si trova improvvisamente intrappolato nell’alcool e nelle logiche di un sistema corrotto dalla base una volta seduti nella sedia di Montecitorio, trovandosi contro gran parte degli esponenti del partito, a partire dal Senatur Umberto Bossi. Bibi, l’ereditiera della ricchezza e dei problemi della famiglia Mainaghi, si trova infine in un bivio: continuare con gli affari (illeciti) iniziati dal padre con la mafia, oppure aiutare Pastore con la prosecuzione delle indagini di Mani Pulite.
La serie TV colpisce per il suo sguardo critico verso i fatti accaduti, mostrando le diverse sfumature dei personaggi senza utilizzare una facile, banale demonizzazione di uno rispetto a un altro. Il messaggio che arriva non è solamente rivolto alla storia, ma possiede certamente dei riferimenti alla società attuale, con i protagonisti della scena politica del passato che continuano a influire nelle sedi più importanti dello Stato nonostante il flusso del tempo. “Eppur si muove“, affermava Galileo, ma l’impressione è che tutto rimanga inalterato, statico, anche se la Terra, in silenzio, gira.
Riccardo Lo Re