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Chez nous – A casa nostra

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VOTO: 6.5

Sondaggio elettorale

Inserito anche a Roma nel programma del festival Rendez Vous – Nuovo Cinema Francese, Chez nous – A casa nostra di Lucas Belvaux è un film di cui si sta parlando parecchio, soprattutto in Francia. Pare infatti che abbia fatto arrabbiare di brutto il Front National e in particolare Marine Le Pen. I motivi, per chiunque lo abbia visto, non sono poi così difficili da intuire: i riferimenti alla leader indiscussa della destra nazionalista francese, sia politici che in qualche misura personali, famigliari, nello script non soltanto abbondano, ma vanno a irrobustire una parabola destinata a bacchettare quasi inesorabilmente le velleità di coloro che oggi come oggi vengono definiti “populisti”. Non si può certo rimproverare all’autore di essersi comportato da ignavo, celando il proprio punto di vista, poiché, per quanto non manchino spunti critici nei confronti di tutte le parti politiche in causa (vetero-comunisti compresi), il risultato finale corrisponde a un prodotto culturale decisamente militante, schierato. Ma all’interno di tale scelta si possono purtroppo ravvisare i classici limiti di un “film a tesi” che deve soggiacere a fin troppi schematismi.

Lasciamo comunque i giudizi politici all’elettorato (in questo caso francese) e soffermiamoci un attimo sul film, che ad ogni modo di spunti interessanti ne offre parecchi. Azzeccata è senz’altro la scelta di costruire il plot intorno a un personaggio, l’energica Pauline Duhez (ovvero Émilie Dequenne alias Rosetta, meravigliosa interprete dai Dardenne in poi), che con la limpidezza del suo sguardo passerà al setaccio nel prosieguo del racconto le diverse istanze sociali, ideologiche e umane che stanno prendendo forma nella Francia di oggi. A Hénart, nei pressi di Pas-de-Calais, si è giunti alla vigilia di elezioni che si annunciano particolarmente “calde”. Nota nella cittadina per la propria coscienziosità e per il fervore con cui affronta il mestiere di infermiera e i relativi incarichi nell’ambito dell’assistenza sociale, la giovane Pauline verrà ben presto contattata da una grossa formazione politica di destra che le offrirà la candidatura a sindaco, anche per ripulire un po’ i propri quadri, accusati talvolta di connivenza con frange estremiste poco raccomandabili. Inizialmente la protagonista si lascerà sedurre dall’idea di una destra moderna, “populista”, più vicina a certe spinte dal basso cui i partiti tradizionali (sinistra compresa) risultano sempre più insensibili, con il loro scarso interesse per gli esiti rovinosi della crisi economica e per i contraccolpi dei fenomeni immigratori; ma piano piano dal passato delle persone con cui è entrata in contatto usciranno fuori diversi scheletri nell’armadio; sicché lei si ritroverà ad affrontare esiti alquanto traumatici, sia sul piano affettivo che delle proprie scelte politiche.
Con un contorno di figure molto ben delineate da attori decisamente credibili, in parte, sui quali giganteggia un memorabile André Dussollier (davvero immensa la sua filmografia, evitiamo pure di citare titoli per non far torto a nessuno), la deliziosa e combattiva Émilie Dequenne conquista anche il pubblico, nel corso di queste sue peripezie che hanno innanzitutto il merito di affrescare il ritratto di una società francese in affanno, interiormente lacerata, indecisa su come affrontare le gravi problematiche sociali di questi ultimi anni. La risposta tracciata dal regista Lucas Belvaux col suo incalzante racconto cinematografico è forse un po’ manichea. Ma offre comunque validi spunti di riflessione.

Stefano Coccia

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