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Chesil Beach

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VOTO: 6.5

La prima notte di nozze

Un uomo e una donna. Un grande amore a dispetto di due mondi apparentemente agli antipodi. E, infine, un periodo storico in cui le convenzioni sociali sono ancora molto forti e molto restrittive. È questa la storia di Florence (Saoirse Ronan), ricca e ambiziosa violinista, ed Edward (Billy Howle), giovane proveniente da una famiglia economicamente disagiata, ma che ha sempre riscosso un gran successo negli studi. Conosciutisi per caso durante un incontro universitario, i due giovani si innamorano a prima vista l’uno dell’altra e, malgrado le non poche opposizioni da parte della famiglia di lei, riescono a portare avanti il loro amore fino alle nozze. È, tuttavia, nella camera dell’hotel in cui i due alloggiano durante la loro luna di miele, che avrà luogo il loro più importante confronto dall’inizio della loro storia.

Un rapporto importante, dunque, per una delicata e minuziosa descrizione di due diverse personalità e di due diverse educazioni che, messe per iscritto in un riuscito best seller firmato Ian McEwan (il quale ha collaborato anche alla sceneggiatura), sono ben presto diventate personaggi cinematografici grazie alla regia di Dominic Cooke, il quale, solito lavorare in teatro e in televisione, ha visto nel presente Chesil Beach la sua opera prima per il cinema.
Una storia d’amore come tante? Non proprio. La storia dei due giovani protagonisti, infatti, al di là degli ostacoli che incontra, al di là delle stesse vicessitudini che i ragazzi devono affrontare, si fa notare principalmente per la descrizione di queste due diverse personalità. Cosa, questa, assai frequente in ambito prettamente letterario, ma assolutamente difficile da realizzare sul grande schermo. Forte, dunque, di uno script firmato dallo stesso autore del romanzo, il regista ha deciso di raccontare il legame tra i due attraverso numerosi flashback, i quali, di volta in volta, ci fanno capire quanto sia importante ciò che li lega e come il tutto sia iniziato. Fino ad arrivare, appunto, a un preannunciato climax che vede il loro più importante confronto fino a quel momento. E la realizzazione in sé – seppur, a tratti, eccessivamente leziosa – è anche a suo modo interessante, data la buona capacità di Cooke di mettere in scena i sentimenti umani senza mai risultare didascalico o ridondante. I problema principale, però, si presenta proprio nel momento in cui – all’interno di una storia idilliaca fino all’inverosimile – si presentano i primi, importanti problemi, ossia proprio quando ci si sta avvicinando pian piano al finale. Da questo momento in avanti, infatti, il tutto – trascinato lentamente per una buona ora e mezza – finisce improvvisamente per assumere tutt’altro ritmo, con un repentino susseguirsi dei fatti e veloci salti temporali che ci mostrano i due avanti negli anni.
L’impressione che si ha è che quasi il regista non vedesse l’ora di porre fine al tutto, accelerando in modo discontinuo e ingiustificato i tempi e realizzando una messa in scena – proprio nei momenti riguardanti il finale – anche piuttosto raffazzonata, con tanto di trucco esagerato e poco credibile dei due protagonisti da anziani.
Una storia, dunque, che sul grande schermo non ha avuto la stessa resa rispetto a quanto è accaduto sulla carta. Una storia che, malgrado le numerose potenzialità, presenta, in questa versione di Dominic Cooke, parecchi scivoloni e che vede, così, le sue numerose potenzialità venire ingiustamente sprecate.

Marina Pavido

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