La vita è fatta a scale
La vita è fatta a scale, c’è chi scende e c’è chi sale. Ma se la discesa cominciasse ad apparire infinita? E se si avesse la sensazione di ripassare sempre dallo stesso posto? Metà incubo kafkiano e metà riflessione sulla caducità delle azioni umane in salsa noir, un cortometraggio come Stairs offre subito l’impressione di muoversi da assunti del genere. Del genere e di genere, visto che il corto di Angelo Giordano ha la struttura di un thriller ansiogeno, dalle forti connotazioni esistenzialiste, che si riempie strada facendo di scorci onirici, simbolismi, digressioni metafisiche.
In Stairs la normalità è rappresentata dal risveglio di un uomo nel proprio appartamento. Ma quella quotidianità, di cui fanno parte anche i componenti del suo nucleo famigliare, è destinata a cospargersi di incertezze allorché, complice un guasto all’ascensore, il protagonista è costretto a prendere le scale in solitudine, ritrovandosi però dopo pochi scalini in una situazione degna di Ai confini della realtà. Non Angel Heart – Ascensore per l’Inferno, quindi, bensì fare le scale e vedersi catapultati in un limbo; un limbo popolato di inquietanti figure.
Con Gianluca Giordano quale protagonista ed il regista stesso impegnato in uno straniante doppio (se non addirittura triplo) ruolo, Stairs si avvale di un elegante bianco e nero per affrescare con gusto retro la surreale vicenda. Meno felice appare la mano del regista quando alcuni ossessivi tocchi di colore, inseriti in post-produzione, vengono a caratterizzare le conturbanti figure con cui si confronta il protagonista. E più in generale il corto rivela maggior brillantezza nella primissima parte, col suo senso di angosciante attesa, sfilacciandosi un po’ verso la fine, dal momento in cui la lettura metaforica posta a ridosso del (non)senso della vita si scopre eccessivamente.
Stefano Coccia