Panico tra gli iscritti ai Registri Akashici!
Ci sono film che, anche se imperfetti, meritano attenzione per il fatto di aprire piste nuove, interessanti, in consolidati schemi di genere. Riteniamo sia questo il caso dell’atipico, per certi versi enigmatico horror Backtrack, realizzato nel Regno Unito da Tom Sands, cineasta quasi sconosciuto in Italia ma con diverse produzioni low budget all’attivo. Questo suo lungometraggio, datato 2014, non ebbe a quanto pare particolare fortuna. A partire dal titolo: è sufficiente fare una piccola ricerca su internet, per rendersi conto che la sua “fama” è stata ben presto oscurata da quella del quasi coevo Backtrack (2015) di Michael Petroni, impreziosito dalla presenza nel cast di un pezzo da novanta come Adrien Brody. Tant’è che quello diretto da Tom Sands risulta più facilmente rintracciabile in rete col sottotitolo Nazi Regression o con il titolo alternativo Nazi Vengeance. E qui viene il bello. Perché il merito principale di una sceneggiatura a tratti un po’ facilona resta, a nostro avviso, la disinvoltura con la quale si è voluto ibridare il filone nazi, alquanto prolifico soprattutto tra gli horror di matrice anglosassone, con quelle tracce metafisiche ed esoteriche riconducibili alla reincarnazione. Per essere più espliciti, raramente si era sentito parlare con tanta accuratezza di Registri Akashici e debiti karmici all’interno di un film, non solo di genere!
Lode quindi a una piattaforma di film streaming come Indiecinema, che a quanto pare sta cominciando a sondare terreni poco battuti, anche per quanto concerne l’entertainment cinematografico. In primo piano piccole produzioni, ma con qualche elemento di originalità e un possibile appeal popolare. Di Backtrack: Nazi Regression è in primo luogo l’ambientazione a colpire: i momenti salienti del racconto sono stati infatti girati nella brughiera inglese, presso villaggi sonnacchiosi e isolati del Sussex non troppo diversi da come deve presentarsi Tunbridge Wells nel Kent, ovvero il paese natale del regista; nonché luogo dove egli ha trascorso l’infanzia assieme al padre Mick Sands, qui nelle vesti di sceneggiatore. Ma non manca neanche qualche estemporanea “cartolina” di Brighton, la senz’altro più vivace località balneare in cui lo stesso Tom Sands ha portato avanti i suoi studi di cinema.
Tali paesaggi fanno da sfondo all’inquietante vicenda di Ralph e dei suoi più intimi amici, da lui coinvolti in una detection sospesa tra presente e passato, un passato davvero torbido rievocato prima da quelli che sembrerebbero incubi ricorrenti e poi da autentiche allucinazioni. Sembrerebbe infatti che l’apparentemente placido e bonario Ralph abbia avuto a che fare, nel corso di vite passate, con qualche abietto crimine compiuto da incursori nazisti sul suolo britannico. Storie della Seconda Guerra Mondiale che anagraficamente non lo dovrebbero riguardare. E invece quei truci trascorsi solo in parte obliati, nel percorso di morte e rinascita che pare averne mondato la personalità, sono destinati a riaffacciarsi nella vita del giovane e di chi gli sta vicino, sotto forma di uno spietato vendicatore che ha l’aria di essere sceso a patti col diavolo…
Metempsicosi fatale, insomma. Con conseguenze etiche non trascurabili: il protagonista, pur avendo agito da carnefice in un’altra epoca, merita ciò che gli sta per accadere, ora che ha iniziato una nuova vita esente da eccessi e violenza? Regressione ipnotica. Registri Akashici. Ruota del Karma. I presupposti affascinanti in Backtrack: Nazi Regression non mancano certo, così come qualche flashback inerente alla Seconda Guerra Mondiale può risultare efficace, nonostante la povertà dei mezzi, nel rievocare atmosfere vintage da war movie.
Non tutti gli ingranaggi però girano come ci si aspetterebbe, per usare un eufemismo. A partire dal cast così poco carismatico, in cui spicca giusto la presenza di un villain d’eccezione, il veterano Julian Glover.
Ma nei momenti cruciali è soprattutto la suspense a latitare, appesantita da musiche non adeguate e persino monotone, come pure da quel modo di girare le poche scene di reale tensione a dir poco “distratto”. Ci si può consolare, volendo, con qualche sequenza di marca torture porn sufficientemente tosta. Perché le fiamme ossidriche fanno sempre la loro porca figura. Ma per il resto ci si trova davanti uno slasher movie davvero curioso, eccentrico, dove si resta ipnotizzati più dal background filosofico del racconto e dall’alone di mistero, che dall’orrore in senso stretto.
Stefano Coccia
Il lungometraggio è disponibile per la visione sulla piattaforma IndieCinema