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A Fool God

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VOTO: 7.5

Ognuno a modo suo

Panta rei, tutto scorre, in apparenza sempre uguale, in realtà sempre diverso. Popoli e persone mutano, evolvono, cambiano nel corso delle generazioni. E ognuno deve trovare il suo modo di essere parte della comunità, che non è il modo di chi è venuto prima e non sarà il modo di chi verrà dopo. Ognuno a modo suo, per poter essere sé stesso insieme agli altri. Questo processo, di solito, viene mostrato o raccontato attraverso un preciso momento di epifania. E proprio da un momento di epifania è solita partire la regista etiope Hiwot Admasu Getaneh per parlare di giovani donne che cercano un loro posto nel mondo. Non fa eccezione questo suo A Fool God, in concorso nella sezione cortometraggi del 30° Festival del Cinema Africano Asia e America Latina. Il film mette in scena il rapporto generazionale e conflittuale tra una ragazzina e sua nonna. Un confronto/scontro a suon di fiabe dalla morale, infine, conciliante.
Il contrasto nasce dalla sovversione di una antica usanza da parte della giovane protagonista Mesi, una già carismatica Haimanot Mulugeta, che si vede quindi punita ed incolpata dalla nonna più tradizionalista. La regista indaga le motivazioni ed i modi della nipote e della nonna attraverso i primi piani. È anche e soprattutto un film di sguardi. Sguardi che spesso sostituiscono le parole nel creare un contatto tra le persone, come la protagonista con la nonna. Il concetto di sguardo come intimità si allarga anche all’occhio della macchina da presa, attraverso il cui sguardo anche la regista pare stringere un legame intimo con le sue protagoniste, con l’intento, ci pare, di arrivare ad una comprensione di ciò che le muove. Tuttavia, nel contrasto, quando c’è una reale volontà di andare verso l’altro, nasce anche la comprensione. La comprensione porta ad una rielaborazione nuova e più positiva delle vecchie tradizioni. Ciò si vede bene nella riscrittura che Mesi fa del racconto morale che la nonna le recita per mostrarle il suo errore. Incapace di accettare l’asprezza dello stesso la giovane decide di rompere con il timore reverenziale e dunque, giacché lo trova incomprensibile, lo ribalta completamente costruendo un qualcosa che appaia, in primis a lei, ma anche a noi che assistiamo alla storia, non solo più corretto ma anche più umano. Viene quasi da vedere nel ribellarsi di Mesi alle antiche consuetudini un accenno di disobbedienza civile. Siccome la vecchia legge le sembra sbagliata si ribella e decide di riscriverla. Con questa sua ribellione gentile non rompe in realtà con la tradizione, ma la rielabora rendendola più comprensibile al suo sentire, che è diverso dal sentire della nonna. Insomma Mesi si fa portatrice di un rinnovamento culturale che riadatta un antico costume ai tempi nuovi senza tuttavia cancellare brutalmente il passato e convincendo anche la nonna. In questo modo fa un salto ulteriore, da agente ribelle ad agente riformista che lavora all’interno della tradizione per creare un ponte con il futuro.

Luca Bovio

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