Home Festival Torino 2018 53 Wars

53 Wars

146
0
VOTO: 6.5

Un giorno questo dolore…

Fa un certo effetto assistere alla proiezione di 53 Wars, dopo che in sala è uscito da pochissimo A Private War di Matthew Heineman, su una delle reporter di guerra più note e verrebbe da dire anche decisive, Marie Colvin. Ovviamente con le dovute differenze di storie e di stili, entrambi i lungometraggi ci inducono a riflettere su una figura molto importante per i nostri tempi. L’esordio della regista polacca Ewa Bukowska è basato su un romanzo semi-autobiografico di Grażyna Jagielska, “Amore di pietra. Vivere con un corrispondente di guerra”.
La prima inquadratura ci presenta lei, Anna (Magdalena Popławska), di profilo e quasi alla giusta distanza. Intuiamo subito che si trova in uno stato di sofferenza e in una struttura psichiatrica. «Sa perché è qui?» le chiede il dottore, ma la macchina da presa non lo inquadra volutamente, guidando lo sguardo e l’attenzione su di lei.
Lo spettatore vive il suo percorso di ricostruzione e scavo nel dolore andando a ritroso nel tempo (non è casuale che si proceda per ellissi). Vediamo la donna, giovanissima, nella fase del perduto innamoramento con Witek (Michał Żurawski). Lui è un corrispondente di guerra che non riesce a fare a meno di partire alla volta di violenti conflitti, mentre lei sembra censurarsi sia nella professione che nei sentimenti. Quasi sordidamente gli orrori della guerra entrano tra le mura domestiche, insinuandosi interiormente, è come se si facesse completamente inghiottire dalle paure, fino ad annullare anche il suo essere diventata madre. Parallelamente, attraverso la maniera di viverla – e subire la situazione – da parte della donna, conosciamo un uomo molto responsabile nei confronti del proprio lavoro, ma decisamente poco attento verso il nucleo famigliare che ha creato, a tal punto che uno dei figli teme di non essere visto anche nei pochi attimi di ritorno a casa.
«Dobbiamo lasciarci o ci distruggeremo» asserisce la moglie, forse, in un momento di lucidità e grande consapevolezza. Lo script è incentrato su di lei, con cui la platea di turno empatizza provando i timori di perdere l’uomo che ama, sempre esposto al pericolo. Eppure c’è una zona d’ombra che emerge e che la sceneggiatura restituisce ambiguamente, la donna a volte sembrerebbe in competizione con Witek – anche lei scriveva ed era soprattutto una fotoreporter-, in altri momenti sembra che voglia partire per condividere sul campo il rischio della vita.
«Nel dirigere», ha spiegato la regista, «traggo ispirazione dai film di Michael Haneke e dalla sua precisa e coinvolgente narrazione dall’esito potente e inatteso. Desidero seguire i miei personaggi e le loro emozioni e miro a tratteggiare interpretazioni che siano il più possibile credibili nella loro definizione psicologica. Il mio intento è di catturare l’attenzione del pubblico evitando facili soluzioni, invitandolo invece a porsi interrogativi e a formarsi un’opinione propria rispetto ai personaggi». Effettivamente, a parte alcune debolezze nella costruzione drammaturgica, 53 Wars ha un’evoluzione – tanto più per ciò che riguarda Anna – non del tutto scontata (stranisce, in parte, il cambio di location – è in una clinica clinica per la riabilitazione di reduci polacchi dall’Afghanistan – e narrativo nella parte finale). Bisogna dar merito all’interprete per come le ha conferito spessore e intensità, dando corpo a tutte le sfumature degli stati emotivi che la donna attraversa.
53 Wars è stato presentato in concorso alla 36esima edizione del Torino Film Festival.

Maria Lucia Tangorra

Articolo precedenteThe Front Runner – Il vizio del potere
Articolo successivoAlpha, The Right to Kill

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

uno × due =