Il menu degli squali: giovedì gnocche
Dopo la realizzazione del capolavoro e autentico film capo-genere di Steven Spielberg, Lo squalo, si può dire che né i temibili pescecani né altre spaventose creature marine, sempre in agguato sotto il pelo dell’acqua, abbiano più cessato di infestare le sale cinematografiche. Specie negli ultimi anni si è assistito a un selvaggio proliferare di titoli. Da un lato hanno cominciato a circolare lungometraggi a basso costo sempre più bizzarri e in qualche misura demenziali, come quelli prodotti dalla famosa/famigerata The Asylum: Sharknado, Shark Week, Mega Shark vs. Mecha Shark e via divorando. Per fortuna l’esagerazione e gli effetti pacchiani non hanno rappresentato l’unica via percorribile. E così accanto a questo si sono sviluppati altri filoni, altri canoni, uno dei quali ci pare particolarmente in linea coi tempi: quello per cui giovani donne belle e combattive finiscono nel mirino dei famelici squali, per poi tentare di sottrarsi con ogni mezzo a uno spaventoso destino. Il loro diventa così un allucinante percorso iniziatico, un accesso crudele all’emancipazione femminile, con la vastità dell’oceano (e il voyeurismo del pubblico) sullo sfondo. Ovviamente il pensiero corre al valido Paradise Beach – Dentro l’incubo e alla sua indomita protagonista. Ma anche 47 metri di Johannes Roberts sembra porsi su quella scia…
Con lo script di 47 metri sembra di assistere in realtà a una sorta di “rivoluzione copernicana” del genere. Solitamente in queste pellicole i vari bagnanti, velisti, surfisti e altri amanti del mare, che cadono vittime degli squali, non sono del tutto consci del rischio e soprattutto di una così letale presenza sotto la superficie: vengono ghermiti a tradimento e immancabilmente fatti a pezzi, mentre sono intenti nelle loro amene attività. Qui invece le avvenenti protagoniste sono due sorelle, Kate e Lisa, che con un pizzico di leggerezza vanno a importunare quei pesci enormi e voraci proprio nel loro ambiente, avendo accettato con altri ragazzi di partecipare a un’escursione in mare di sicuro elettrizzante, ma evidentemente non del tutto sicura, nel corso della quale si viene calati dentro una gabbia metallica in acque infestate dagli squali bianchi. Non sarà esattamente una decisione felice. E senza “spoilerare” troppo, vi anticipiamo solo che un incidente alla gabbia renderà la loro avventura drammatica oltre ogni possibile previsione…
Al timone della per niente provvidenziale imbarcazione turistica troviamo peraltro un navigato “lupo di mare” del cinema hollywoodiano, l’inossidabile Matthew Modine, mentre le belle Kate e Lisa hanno rispettivamente i volti (e i fisici asciutti) dell’australiana Claire Holt (nota soprattutto per la partecipazione a serie televisive come H2O e The Vampire Diaries) e di Mandy Moore, cantante ed attrice statunitense. Diretto e co-sceneggiato da Johannes Roberts, onesto mestierante britannico che finora coi suoi horror non ci aveva mai regalato grossi acuti, un B-movie come 47 metri non aspira certo a essere un capolavoro ma riesce nell’impresa di generare tensione, legando l’emotività dello spettatore agli sforzi attuati dalle due donne per sopravvivere e amministrando bene quel senso di spaesamento che le profondità marine possono facilmente destare. Da sottolineare, a livello stilistico, il tocco offerto da un piccolo segno premonitore all’inizio del film, quando un cocktail di colore rosso viene sbadatamente (e con effetto immancabilmente sinistro) rovesciato in piscina. La futilità dell’incontro tra le ragazze e i due giovani machi di turno, che le convinceranno a tentare la singolare esperienza in mare, è forse l’anello debole dello script, pecca condivisa però con tanti altri film di genere. Mentre l’avventura sottomarina lascerà (letteralmente) senza fiato, col bonus di un twist finale che naturalmente non vi sveliamo, ma che ci è parso una volta tanto ben congegnato.
Stefano Coccia