Verona in musica
Vero e proprio fenomeno canoro e mediatico, il gruppo musicale Il Volo – formato dai giovanissimi Gianluca Ginoble, Piero Barone e Ignazio Boschetto – ha visto, nel giro di pochissimi anni, un successo repentino. Dopo il trionfo nel 2015 al Festival di Sanremo e la notorietà a livello internazionale, mancava soltanto una sorta di “consacrazione” anche sul grande schermo. E la cosa, di fatto, non ci ha messo molto ad arrivare. Con una messa in scena che tanto – troppo? – sta a ricordare i mitici musicarelli italiani degli anni Settanta, ha preso vita, dunque, il lungometraggio Un amore così grande, esordio alla regia di Cristian De Mattheis, in cui, tuttavia, il sopracitato grippo musicale ha soltanto un ruolo (apparentemente) marginale.
La storia messa in scena, infatti, è quella del giovane Vladimir, nato in Russia da genitori italiani, il quale, appena rimasto orfano della madre – un ex soprano – parte alla volta di Verona per ritrovare suo padre. Il ragazzo è anch’egli molto talentuoso e, una volta giunto in Italia e unitosi a un gruppo di cantanti di strada, verrà notato dall’impresario del gruppo Il Volo, il quale gli chiederà di aprire uno dei loro concerti. Parallelamente, la conoscenza con la giovane Veronica contribuirà a invogliare il ragazzo a coltivare ulteriormente il proprio talento.
Questa opera prima di De Mattheis ha preso vita in seguito a una dedica fatta dai giovani cantanti – all’inizio di un concerto – a una ragazza malata. Da qui, dunque, la storia d’amore tra i due giovani protagonisti e le vicende di questo giovane tenore che per la prima volta si trova a visitare la bellissima città di Verona. Ed è proprio a tal proposito che – visti i numerosi momenti in cui vediamo ampi spazi dedicati ai più importanti monumenti della città – viene da pensare a un’operazione mossa principalmente dall’intento della Veneto Film Commission di pubblicizzare le bellezze della stessa Verona. Anche a costo di inserire non poche forzature all’interno della storia, come il momento in cui vediamo Vladimir creare per l’amata una sorta di sentiero con le candele lungo le strade della città. Altro pretesto, ovviamente, la sponsorizzazione del suddetto gruppo musicale. Ma anche questa è una cosa piuttosto ovvia.
Al di là delle finalità che hanno mosso autore e produttori, però, il vero problema di un lavoro come Un amore così grande sono una scrittura debole e inconsistente, in cui non pochi elementi vengono lasciati ingiustificatamente in sospeso (vedi, ad esempio, i personaggi dei cantanti di strada ai quali si unisce Vladimir), una poco soddisfacente direzione attoriale e una regia parecchio maldestra, con una messa in scena dalle scelte non sempre azzeccate e dal carattere fortemente artefatto e pomposo (come quando, prima di iniziare a cantare, Vladimir immagina di vedere la sua ragazza entrare nella sala o, prima di un altro concerto, vede la sua defunta madre salutarlo da un palco del teatro). Tutto ciò, unitamente a un andamento dei fatti eccessivamente melodrammatico, manierista e telefonato, fa di questa opera prima di De Mattheis un prodotto televisivo, maldestro e, purtroppo, poco riuscito, in cui i pretesti che hanno inizialmente fatto partire la sua lavorazione hanno avuto la meglio sulla qualità stessa. Succede. Fin troppo spesso, purtroppo, ma succede.
Marina Pavido