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The Waves of Madness

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VOTO: 8

Persi nell’Oceano

Onda su onda, il mare mi porterà
Alla deriva, in balia di una sorte bizzarra e cattiva
Onda su onda, mi sto allontanando, ormai
La nave è una lucciola persa nel blu, mai più mi salverò
Bruno Lauzi, “Onda su onda”

Sullo sfondo un transatlantico, che pare quasi il Rex di felliniana memoria in versione avveniristica. Le inquadrature successive ci portano a bordo, lasciando che il pedinamento di un passeggero un po’ alticcio e quella carrellata che pare quasi infinita ci facciano scoprire i vari ambienti della nave, impegnata in una crociera intorno al mondo. Il tour si interrompe però bruscamente sul ponte. Alcuni inserti subliminali anticipano l’orrore. In cielo le posticce stelle lampeggiano in modo strano. E una presenza aliena comincia a seminare il panico tra equipaggio e passeggeri…
Questo l’incipit folgorante di The Waves of Madness, il film dell’australiano Jason Trost (un ispirato figlio d’arte: da quel che abbiamo letto, tanti in famiglia si sono occupati di cinema e da diverse generazioni) che è stato presentato nei giorni scorsi al Monsters – Fantastic Film Festival di Taranto, all’interno di una sezione assai stuzzicante: Vortex, spazio curato all’interno del festival da Massimo Causo, con l’obiettivo di individuare opere che si muovano con disinvoltura tra formati e linguaggi diversi, dimostrando come il fantastico possa aprire nuovi orizzonti di libertà, ricerca e sperimentazione.

Sono requisiti che si possono ritrovare in abbondanza nell’immaginifico The Waves of Madness, intarsiato di flashback allucinati e stranianti, costruito intorno a geometrici piani sequenza che conducono all’esplorazione della nave per vie orizzontali come in un videogame anni ’80. Tutto girato in un bianco e nero che rimanda alle vecchie pellicole del terrore, tipo RKO o Universal, ma con slanci psichedelici proiettati verso le nuove frontiere del cinema.
Avevamo lasciato l’assai pittoresca (all’interno vi scopriremo addirittura un Museo fornito di libri maledetti e “mirabilia” d’ogni genere) nave da crociera “Elder of the Seas” in balia di presenze sovrannaturali. Vi risaliremo a bordo assieme all’Agente Legrasse, uomo d’azione ingaggiato da una potente organizzazione internazionale per vigilare su eventi misteriosi come quello e recuperare, all’occorrenza, tecnologia aliena. All’Eroe, identificabile anche da una benda sull’occhio stile Jena Plissken, occorrerà però l’aiuto di una misteriosa sopravvissuta, Francis, per uscire vivo da una terrificante avventura costellata di figure malefiche che manipolano i pensieri, adoratori di Cthulhu, spaventosi esseri umani mutati. Come anche a livello formale, il classico si mescola con il moderno. Le evidenti suggestioni “lovecraftiane” più altre pratiche da B-Movie, vedi l’appendice con tanto di Mad Doctor asserragliato nel suo laboratorio nascosto tra le lapidi di un cimitero, si mescolano con sfavillanti invenzioni visive, ammiccando anche alla serialità allorché una didascalia finale annuncia, forse per scherzo, l’eventuale ritorno dell’Agente Legrasse e di Francis in un improbabile (ma perché non farlo?) “The Castellum of Blood“.

Stefano Coccia

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