Li troverò
Quella di passare dietro la macchina da presa è diventata per un numero considerevole di attori e attrici del panorama internazionale non più un esigenza, ma una tappa obbligata da affrontare prima o poi nell’arco della carriera. In tal senso, dal 2000 la percentuale di coloro che hanno provato una o più volte la suddetta esperienza ha subito una decisa e significativa accelerazione, con esiti non sempre all’altezza di quelli ottenuti invece con la recitazione. All’interno di tale statistica c’è poi un numero altrettanto considerevole di attori/attrici che, pur passando alla regia, non hanno voluto rinunciare a interpretare personaggi nei loro film, dovendo di fatto duplicare gli sforzi. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti,i ruoli che hanno deciso di ritagliarsi nel cast sono quelli principali e addirittura da protagonisti. Filmografie alla mano in pochissimi hanno scelto di mettersi da parte, affidando le parti previste ai colleghi di turno, così da concentrare la propria esperienza unicamente sulla regia e la direzione. Il contrario ha provocato molte volte un cortocircuito tra gli elementi normalmente chiamati in causa durante la realizzazione di un film (drammaturgia, interpretazione e tecnica), provocando danni irreparabili che hanno finito con il pesare sul risultato. Russell Crowe non fa eccezione, scegliendo di proporsi nella doppia veste. E nel farlo ha per di più scelto di aumentare il coefficiente di difficoltà puntando su un personaggio assai complesso come quello di Joshua Connor e su un’opera altrettanto complessa come The Water Diviner, trasposizione per il grande schermo dell’omonimo romanzo di Meghan Wilson-Anastasios, che approda nelle sale nostrane con Eagle Pictures a partire dall’8 gennaio 2015.
L’attore australiano si misura con un’avventura epica in costume e non poteva essere altrimenti viste le numerose esperienze che lo hanno catapultato nel passato al servizio di pellicole come Il Gladiatore, Robin Hood, Noah o I miserabili. L’avere viaggiato nel tempo e nello spazio gli è servito a curare la messa in scena, a controllare le masse a disposizione e a dosare i registri del racconto, ma non a fare in modo che questi elementi non entrassero in conflitto. Crowe sembra troppo concentrato su se stesso e sul cercare di portare a termine il doppio compito con meno errori possibili, per rendersi conto di quanto i suddetti elementi non riuscissero a trovare la giusta alchimia nella messa in quadro. Immerge storia e personaggi nei grandi spazi come vuole il kolossal old style, ma non è sufficiente a tenere a galla il film.
Qui si cala nei panni di un padre di famiglia, agricoltore e rabdomante, nella Costantinopoli del 1919, chiamato a fare i conti con il dolore per la perdita nel primo conflitto mondiale dei suoi tre figli maschi e con il desiderio di riportare a casa le loro salme disperse sul campo di battaglia. In un dramma bellico a sfondo familiare e sentimentale, Crowe cuce i fili di una trama stratificata, che subisce non poche decelerazioni e cali di tensione. Pomposo e ridondante, capace di rari spunti degni di nota, ma solo di carattere spettacolare (gli scontri in trincea, l’imboscata al treno e la tempesta di sabbia), The Water Diviner non sfrutta quanto dovrebbe l’enorme potenziale drammaturgico messo a disposizione dalla fonte originale. L’incapacità della trasposizione di appassionare ed emozionare lo spettatore è l’inevitabile conseguenza.
Francesco Del Grosso
Io mi sono emozionata e appassionata e non sono certo l’unica …