I lupi perdono il pelo e a volte anche il vizio
Quando il o la regista di turno si trova a fare i conti con un plot costruito su una linea narrativa e drammaturgica già ampiamente battuta, animata da personaggi anch’essi rappresentati innumerevoli volte sul grande schermo, poiché forgiati sulla base di uno schema predefinito e ampiamente codificato, il rischio di dare vita a un film prevedibile è piuttosto alto. Si tratta di una legge non scritta che nei decenni ha mietuto sempre più vittime. Ultima in ordine di tempo a pagarne le conseguenze è la cineasta francese Marie Garel-Weiss, che con la sua opera prima dal titolo The Party’s Over ha finito con lo scivolare nelle sabbie mobili della ripetitività del già visto.
Il suo film d’esordio, in concorso alla 19esima edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce, parla di dipendenze, ma soprattutto dell’inseguimento disperato di una seconda possibilità per restare attaccati al “treno della vita”. Per farlo passa attraverso la storia di una rinascita, quella di Céleste e Sihem. Giunte lo stesso giorno in un centro di recupero, stringono un’amicizia indistruttibile, che sarà la loro forza, ma al tempo stesso un ostacolo quando, lasciato quel rifugio sicuro, si ritroveranno da sole ad affrontare il mondo reale e le sue tentazioni. È allora che avrà inizio la vera lotta; la lotta per la sobrietà e la libertà, per la vita. La sinossi della pellicola non fa altro che confermare quanto detto, anche se la visione proverà a sua modo a bypassare quel limite che per quanto ci riguarda costituisce un ostacolo insormontabile.
Concentrando il racconto sul dopo, ossia su quella fase nella quale si smette con la droga e si ricomincia la scalata, la Garel-Weiss tenta di portare il suo film, del quale firma anche lo script a quattro mani con Salvatore Lista, lontano da quelle sabbie mobili. Nonostante tale spostamento di baricentro, però, il limite persiste. Di conseguenza, l’unico modo per provare a dare un senso all’operazione, o meglio un ulteriore motivo d’interesse capace di mostraci altro, è quello di puntare con decisione le fiches rimanenti sulle emozioni e sul lavoro davanti la macchina da presa. Da una parte, The Party’s Over cerca costantemente il coinvolgimento emotivo dello spettatore, offrendo a questo una serie di scene di forte empatia (su tutte lo scontro verbale al cospetto del terapeuta tra Céleste e sua madre). Dall’altra l’alternanza di rabbia e dolcezza che arriva sullo schermo attraverso le pregevoli performance attoriali di Zita Hanrot e Clémence Boisnard compensano i vuoti lasciati dalla scrittura e dalla regia.
Francesco Del Grosso