La vita è difficile da cambiare
Esiste qualcuno che legge le istruzioni prima di iniziare un nuovo videogioco?
Non scherziamo, non lo fa mai nessuno; e così il solo modo per imparare e capire come andare avanti è procedere per tentativi ed errori. Per la vita è uguale. Non leggi le istruzioni, perché non esistono, e così non ti resta che procedere per tentativi ed errori.
Il problema è che nella vita non è possibile resettare e ricominciare come si fa nei videogames.
Ma se diventasse possibile? Ed è proprio da questa domanda che Russian Doll sembra partire.
La serie sviluppa il tema dei personaggi intrappolati in un loop temporale all’interno di una logica da videogame. Come in un videogioco del quale non si sono lette le istruzioni la protagonista Nadia Vulvokov (Natasha Lyonne) deve avanzare per tentativi ed errori per poter giungere alla verità. Nel farlo adotta un tono da commedia nera, con un umorismo corrosivo. Tuttavia, ben presto si allontana dai binari della commedia per assumere un registro più complesso e, a tratti, drammatico.
La serie appare davvero costruita come un videogioco, con prove da superare ed indizi da trovare e decifrare, con ogni missione ed ogni indizio che contribuisce a far avanzare il giocatore verso la fine del gioco. L’introduzione del personaggio di Alan (Charlie Barnett) con la sua storyline parallela eppure tangente a quella di Nadia introduce un arricchimento nella narrazione e permette di evitare il pericolo di una noia nella struttura del loop temporale portata avanti senza innovazioni. L’arrivo di Alan, inoltre, segna l’inizio di una partita in coppia che porta i giocatori a scoprire l’indizio nascosto, l’easter egg, che permetterà loro di accedere all’ultimo livello e finire il gioco.
All’interno di questa struttura videoludica la serie ci riporta una tematica che va ben oltre l’edificante messaggio di auto-miglioramento che pervadeva invece Ricomincio da capo (Groundhog Day, 1993) con Bill Murray, quasi inevitabile termine di paragone visto il tema della serie. Infatti per i due protagonisti si tratta di un percorso all’interno di loro stessi, alla ricerca del proprio nocciolo, della propria anima più profonda, dove si cela la vera chiave per uscire dal circolo di morte e resurrezione dove sono intrappolati. E più che un percorso di miglioramento diventa un percorso di scoperta, presa di coscienza e, infine, accettazione di sé stessi, della propria complessità ed imperfezione per potersi poi aprire agli altri; ed è perfetta metafora di questo percorso la russian doll del titolo, la bambola russa, la matrioska, sorta di cerchio magico simboleggiante famiglia, generosità e vita, proprio i grandi temi con i quali Nadia e Alan sono chiamati a confrontarsi nel loro piccolo samsara. Sfruttando così l’ammaestramento di Orazio del miscere utile dulci la serie parte da una veste da commedia per rivelarsi poi un prodotto più complesso, forse imperfetto ma indubbiamente affascinante. Con quest’opera Natasha Lyonne non solo si conferma interprete di valore dopo Orange is the New Black ma si rivela anche come autrice di valore, speriamo dunque che continui.
Luca Bovio