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Resurrection Corporation

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VOTO: 6.5

Non è per soldi, un uomo ha bisogno di uno scopo

Il lavoro nobilita l’uomo, gli offre uno scopo, una posizione, anche una visione del mondo se vogliamo. Questo certo nel migliore dei casi. Sappiamo bene come in realtà si finisca spesso a fare un lavoro anonimo, senza prospettive, scivolando nell’abbrutimento, nella noia e nell’anonimia. Comunque, il lavoro nobilita l’uomo. Tenuto come vero lo è anche per chi svolge lavori particolari in ambienti particolari. Sembrano esserne convinti anche il regista Alberto Genovese e lo sceneggiatore Mattia De Pascali; i quali con il loro film d’animazione Resurrection Corporation danno la loro personale versione di tale motto attraverso una storia ambientata tra impresari funebri, scienziati pazzi e apparentemente brillanti imprenditori capitani di industrie create dal nulla.
Rimanendo in tema di motti popolari: “Via il dente, via il dolore”; e dunque via subito le note dolenti. L’animazione è davvero ad un livello poco più che amatoriale anche se nella figura dei vari personaggi si può intravvedere qualcosa dello stile grafico di South Park, ma è davvero poco più che una suggestione. Anche la struttura stessa della narrazione non appare completamente coerente e risulta un poco dinoccolata nel suo svolgersi, ma qui si può scusare dando fede alle parole del regista secondo il quale la lavorazione è durata anni, probabilmente intervallandosi anche per periodi più o meno lunghi.
Appare chiaro, dunque, come le note migliori della pellicola non risiedano nel lato più squisitamente tecnico. L’elemento forse di maggiore interesse sembra essere il salace e sottile tono parodistico che si evince soprattutto nella prosopopea dei personaggi che si prendono molto sul serio. In un habitus che cita e mescola in maniera colta l’espressionismo tedesco e in particolare Il Gabinetto del Dottor Caligari con il romanzo gotico, e si tratta di un riferimento molto forte, si mettono in burla gli elementi, le atmosfere e i personaggi di quelle pellicole e di quei libri abbassandoli al livello di una prosaica realtà che tutti, purtroppo, ben conosciamo e con la quale abbiamo a che fare: il lavoro, le sue difficoltà che invariabilmente si ripercuotono sulla vita privata e ciò che vi è collegato e che ne consegue. Il tutto in un modo che per la cornice del film ci riporta all’ambito del b-movie e della letteratura pulp, mentre per il nocciolo ci riporta a certo cinema americano di commedia intelligente ed originale. In particolare riporta alla mente il lavoro  del 2007 brillante autore Judd Apatow e del film da lui scritto Walk Hard – La vita di Dewey Cox, il quale operava lo stesso discorso parodistico però diretto verso certo cinema hollywoodiano.
Una pellicola, dunque, non pienamente riuscita ma con spunti interessanti ed è un vero peccato, soprattutto per l’animazione di basso livello, perché testimonia di due autori talentuosi che certo meriterebbero di lavorare in condizione che meglio li sosterrebbero nel mettere in opera le loro idee ad un livello più alto.

Luca Bovio

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