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Permette? Alberto Sordi

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permette alberto sordi
VOTO: 7

Le origini dell’indimenticabile Albertone

«Io so’ sicuro che nun sei arrivato ancora da San Pietro in ginocchione,
a mezza strada te sarai fermato a guarda’ sta fiumana de persone.
Te rendi conto sì ch’hai combinato,
questo è amore sincero, è commozione,
rimprovero perché te ne sei annato,
rispetto vero tutto pe’ Albertone.
Starai dicenno: ma che state a fa’,
ve vedo tutti tristi nel dolore
e c’hai ragione,
tutta la città sbrilluccica de lacrime e ricordi
‘che tu non sei sortanto un granne attore,
tu sei tanto di più, sei Alberto Sordi»

Abbiamo voluto cominciare con il sonetto dedicato da Gigi Proietti alle esequie funebri dell’artista perché racchiude perfettamente lo spirito di ciò che è stata la sua esistenza e di cos’era diventato per noi spettatori. Il film tv Permette? Alberto Sordi (in onda in prima assoluta su Rai1 martedì 24 marzo) di Luca Manfredi si inserisce nell’ottica di un «affettuoso omaggio al grande talento di uno dei maggiori interpreti di un genere che ci ha reso famosi in tutto il mondo: la commedia all’italiana. Un genere capace di raccontare i drammi e i vizi della nostra società, appena uscita dall’ultima guerra, con il sorriso e l’ironia».
A ridargli il “faccione” (che tanto gli rimproverano all’inizio), le movenze e la cadenza è stato chiamato Edoardo Pesce, un interprete che sta dimostrando la propria versatilità e che in questo caso – si percepisce benissimo – si è posto a servizio di un gigante con la consapevolezza che non avrebbe potuto farlo rivivere al 100% – e secondo il nostro parere non vi era neanche l’intenzione di imitarlo, consci che fosse impossibile farlo.
In Permette? Alberto Sordi si tocca con mano tutta la sua determinazione nel voler fare l’attore, non ci sono dubbi che gli balenavano nella testa, al massimo momenti di sconforto davanti alle difficoltà di una strada di certo non spianata, ma che ha saputo costruirsi da solo e col sostegno di chi credeva in lui, a partire da sua madre (a cui dà volto la brava Paola Tiziana Cruciani) con cui aveva un rapporto speciale e, a suo modo, anche suo padre (il sempre impeccabile Giorgio Colangeli) nonostante a parole cercasse di riportarlo a un principio di realtà.
Quando l’opera comincia, su un motivetto che vi resterà in testa (musiche originali di Paolo Vivaldi), assistiamo alla vestizione di Albertone (che gira il calzino bucato, inserendo il piede nella scarpa appena lucidata) a servizio in un importante hotel milanese, dove alloggiava il già noto Vittorio De Sica (Francesco Foti – i cui tratti, merito anche del trucco, lo ricordano), al quale, col suo savoir-faire e anche la simpatica sfrontatezza, andava continuamente a presentarsi.
Da giovanissimo viene espulso dall’Accademia di Recitazione dei Filodrammatici a Milano proprio per la sua incorreggibile parlata romana. Questa delusione, però, non lo porta alla resa, anzi, tornato nella capitale, mentre i suoi fratelli svolgevano impieghi “canonici”, con quegli occhi che diventeranno lo strumento con cui capterà tutti noi esseri umani, legge un annuncio per doppiatore e diventa l’inconfondibile voce di Oliver Hardy. Si fa notare sui palcoscenici del Varietà e alla Radio con il personaggio di Mario Pio. Parallelamente stringe un’amicizia importantissima col giovane Federico Fellini (un credibile Alberto Paradossi che pone l’accento anche sull’immaginazione dell’artista riminese – «la nebbia ha un potere magico, ti fa diventare bello quello che è brutto»), si innamora dell’attrice e doppiatrice Andreina Pagnani (interpretata con classe da Pia Lanciotti) e si fa consigliare da Aldo Fabrizi (giusto Lillo Petrolo in questa parte non semplice) durante una scena che strapperà sorrisi proprio per la situazione in sé.
Il pregio di questa operazione e della sceneggiatura scritta a quattro mani da Dido Castelli e lo stesso Manfredi, con la collaborazione di Pesce e la consulenza storica di Tatti Sanguinetti, sta in primis nella scelta di voler mettere in scena gli esordi sia dell’amore di Sordi verso l’arte della recitazione sia i suoi primi passi, compreso il velo di malinconia che gli si poteva cogliere nello sguardo di fronte a un no. Permette? Alberto Sordi si ferma proprio dove si dovrebbe fermare, invogliando chi ancora non ha assistito a tutta la sua filmografia a recuperarla.
Come disse Ettore Scola: «non ci ha mai permesso di essere tristi» e, in questo momento più che mai, ne abbiamo bisogno.

Maria Lucia Tangorra

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