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Pericolosamente vicini

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VOTO: 7

Dalla parte dell’Uomo, dalla parte dell’Orso

Cinematograficamente parlando, l’estate è la stagione in cui (oltre a quei blockbuster americani resi protagonisti, almeno nelle ultime annate, anche di questo periodo dell’anno) vengono gettati nella mischia svariati titoli, destinati talvolta a passare inosservati: B-Movies dalla provenienza eterogenea, qualche film dell’orrore, lungometraggi d’animazione europei o magari asiatici, documentari notati precedentemente a qualche festival. E proprio tra i documentari si possono fare scoperte davvero interessanti…
Sì, perché proprio setacciando le distribuzioni più piccole escono fuori autentiche chicche, come abbiamo osservato di recente per il film d’animazione recuperato al Madison di Roma, La bicicletta di Bartali.
Sempre al Madison abbiamo potuto vedere in questi giorni un documentario, per l’appunto, capace di gettare una luce interessante su fatti che avevano turbato e diviso l’opinione pubblica, non molto tempo fa: l’uccisione del giovane runner trentino Andrea Papi, nella Pasqua del 2023, da parte di un’orsa schedata come JJ4, il cui destino era apparso da subito appeso a un filo. L’episodio aveva infatti scatenato, soprattutto sui social, un’ondata di polemiche sregolate e feroci, da cui una mente lucida, accorta, poteva innanzitutto cogliere una totale mancanza di rispetto, nei confronti della Natura come pure del povero ragazzo ucciso.

Il documentario in questione viene distribuito in sala da Wanted ed è stato girato da Andreas Pichler, suoi in precedenza The Milk System e Teorema Venezia. Il titolo, a suo modo emblematico, è Pericolosamente vicini. Da tale lavoro si può apprendere molto non soltanto su quel tragico susseguirsi di eventi, narrato del resto con estrema chiarezza e coerenza logica, ma soprattutto sui vari punti di vista, anche etici, che un simile fatto di cronaca quasi inevitabilmente ha fatto emergere.
Genitori della vittima (in primis), guardie forestali, allevatori le cui mandrie hanno subito attacchi dagli orsi, animalisti, etologi, naturalisti, cittadini trentini impauriti, tutti hanno diritto di parola nel film e la usano per chiarire posizioni, che sono spesso in forte contrasto tra loro. Ma con una varietà di sfumature che senza ombra di dubbio aiuta a inquadrare meglio i contorni della vicenda.
Non sfugge altresì il fatto che un documentario come Pericolosamente vicini osi poco sia sul piano formale che della costruzione narrativa, in fondo piuttosto lineare, piatta. Ma questa semplicità di lettura alla fin fine si rivela la soluzione ideale per far emergere contenuti, che non vengono proposti in maniera ideologicizzata, ma lasciando intravvedere tutta la complessità di una situazione in cui sia gli abitanti di quelle valli trentine, la cui vita è stata messa con troppa leggerezza in pericolo, sia gli strenui difensori della fauna selvatica hanno le loro ragioni.
Riguardo alle motivazioni pratiche di tale contesa consigliamo al pubblico di farsi un’idea direttamente attraverso il documentario, così ricco di testimonianze valide, da parte nostra siamo rimasti particolarmente colpiti dall’operato deficitario di una classe politica locale che prima ha avvallato, con un pizzico di avventatezza, la reintroduzione degli orsi dalla vicina Slovenia, per poi trascurare sia i necessari strumenti di controllo della popolazione in costante crescita di tali animali, sia il dialogo con una popolazione ormai esasperata dagli incontri ravvicinati con quegli orsi definiti ”problematici”, in quanto maggiormente confidenti con l’uomo e portati quindi a fare razzie negli allevamenti o a reagire in modo aggressivo alla presenza umana. L’impressione è pertanto che si debba fare ora un passo indietro, per gestire con maggior oculatezza quella convivenza tra umani e grandi predatori che, in una regione fortemente antropizzata come il Trentino, presenta elevati punti di criticità, ma apparirebbe meno difficoltosa in presenza di protocolli adeguati, risorse più ampie da investire e divulgazione di informazioni essenziali tra gli abitanti delle zone a rischio; anche considerando il grande impegno che è stato richiesto, invece, a un così esiguo numero di forestali: senz’altro quelli che dal documentario escono fuori meglio, al pari dei genitori Andrea Papi in virtù della dignità, indiscutibile, da loro espressa di fronte a un lutto tanto grave.

Stefano Coccia

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