Alla ricerca della vertebra perduta
“Quando morirò avrete tre possibilità: mettermi sottoterra, in un loculo o cremarmi. Le prime due, però, non mi piacciono perché, se per caso fossi ancora viva, non saprei come uscire dalla terra o da una bara, la cremazione può andare bene: prima però dovrete infilzarmi con un ferro sottile per avere la certezza che io sia morta davvero”.
Julia Salmeròn
“Bigger than Life”. La caratteristica espressione anglosassone ben si presta a descrivere un personaggio come Julia Salmeròn. Anzi, Julita. Come viene quasi sempre chiamata, nel corso dell’irresistibile documentario realizzato dal figlio Gustavo Salmerón. Il sorpasso, del resto, è avvenuto già da tempo: in circolazione vi sono diversi documentari che in quanto a verve, risorse diegetiche e capacità di sorprendere hanno molto più da dire, rispetto a parecchi lungometraggi di finzione. Ed il così mordace Muchos hijos, un mono y un castillo è senz’altro tra questi.
In più, grazie a questa dodicesima edizione di CinemaSpagna, il pubblico del Cinema Farnese ha potuto assaporare il sorprendente impatto della biografia di “Julita” Salmeròn in una duplice modalità: le sue folgoranti apparizioni sullo schermo, presto seguite da un incontro dal vivo che non ha fatto altro che confermarne l’ironica, eccentrica, a suo modo indescrivibile personalità. Ad accompagnarla nell’Urbe vi era poi parte della famiglia. Quella famiglia così “sui generis”, dalle problematiche tanto originali e al contempo profondamente umane, di cui il pubblico spagnolo ha già avuto modo di innamorarsi a suo tempo…
Sì, perché dietro le peculiarità così forti e per molti versi uniche della famiglia Salmeròn, quasi I Tenenbaum “latini” prelevati di peso dalla realtà iberica, si scorge un controcanto della Storia recente della Spagna dai toni agrodolci, laddove la farsa e il grottesco si mescolano continuamente con episodi più o meno drammatici. Si ride di gusto, ovviamente, delle situazioni tragicomiche cui Julita e la sua famiglia hanno dovuto far fronte, nel corso degli anni. Del resto, il titolo del film ci svela già molto. L’arzilla signora, che adesso ha 81 anni, aveva in sostanza tre sogni: fare molti figli con l’uomo della sua vita, tenere una scimmia come animale da compagnia e possedere un castello. La scimmia per un certo periodo è comparsa davvero, ma purtroppo si è rivelata un po’ deludente: troppo distante, il carattere dello scimpanzé, da come glielo avevano descritto. Il castello invece è stato un sogno che si realizza, senza se e senza ma. Peccato soltanto che la crisi economica e alcuni investimenti sbagliati abbiano fatto sparire anche quello, come in una fiaba moderna senza lieto fine… i figli, però, sono a tutt’oggi la vera conquista dell’intraprendente señora, la cui innata simpatia e il cui anticonformismo di fondo sembrano trasmettersi con naturalezza a chi la circonda.
In Muchos hijos, un mono y un castillo vi sono perciò tante stranezze di cui sorridere, cosparse invero di quel filo di malinconia che anche il portentoso humour della protagonista non può cancellare del tutto: si pensi ad esempio alla ricerca del curioso cimelio di famiglia, ovvero la scatola contenente ossa umane, recuperate dai resti di alcune loro parenti trucidate durante la Guerra Civile Spagnola (e per giunta da parte dei “rossi”, ricordati giustamente con raccapriccio da Julita, come a sovvertire la “narrazione” più comune di tale conflitto). Se un materiale così effervescente ribolle poi con tanta energia sullo schermo, il merito è pure dell’accorto regista, suo figlio Gustavo, che ha saputo inoltre amalgamare alla perfezione le scene da lui girate, con altri materiali tra cui un fantastico archivio di filmati in Super8 appartenente sempre alla propria famiglia: un vero e proprio tesoro, messo insieme negli anni d’oro della famiglia Salmeròn dal non meno singolare papà di Gustavo e da uno dei fratelli. Diario famigliare che si fa, anche in questo caso, “Bigger than Life”.
Stefano Coccia