Home AltroCinema Documentari Moka Noir: A Omegna non si beve più caffè

Moka Noir: A Omegna non si beve più caffè

68
0
VOTO: 7

Chi ha ucciso il distretto del casalingo?

Vi chiedete mai cosa c’è dietro gli oggetti che vi passano per le mani tutti i giorni? Tra chi come molti di noi non si è mai posto il problema c’era anche il regista Erik Bernasconi. Quest’ultimo una mattina come tante, sorseggiando il solito caffè, ha iniziato però a porsi delle domande che lo hanno portato diritto ad Omegna, nei pressi del lago d’Orta, laddove nel ventesimo secolo è nato il “distretto dei casalinghi”: aziende come Bialetti, Alessi e Piazza sfruttarono il boom economico del dopoguerra, diventando famose in tutto il mondo. A seguito delle crisi economiche, dei cambiamenti generazionali, della globalizzazione, delle delocalizzazioni e delle lotte operaie, gli anni d’oro finirono drasticamente lasciando un immenso vuoto non solo negli stabilimenti abbandonati, ma anche nei cuori della popolazione locale. Ed è dal paesino piemontese, dove è stata fabbricata la prima e celeberrima moka, che è partita l’indagine al centro del documentario dal titolo Moka Noir: A Omegna non si beve più caffè, presentato all’interno della rassegna Il cinema svizzero contemporaneo, dopo le precedenti anteprime alla Festa del Cinema di Roma 2019 e al 55° Solothurner Filmtage.
Per l’occasione, il cineasta ticinese ha indossato le insolite vesti di detective per scoprire chi ha “ucciso” il distretto del casalingo, tornando con la macchina da presa sulla scena del delitto. Un delitto che ha lasciato dietro di sé una profonda ferita mai cicatrizzata e migliaia di persone senza lavoro. I superstiti rintracciati tra gli ex operai e gli ex dipendenti, oltre che una serie di rappresentanti delle proprietà delle cosiddette “sette sorelle” che hanno contribuito alla creazione del distretto in questione, diventano i testimoni oculari ai quali Bernasconi ha deciso di rivolgersi per condurre il porto la propria indagine. Tutto il fiume di testimonianze raccolte, mescolate alle riflessioni a voce alta dello stesso autore, si tramutano nel flusso di parole che accompagna il tour nei luoghi che hanno fatto da cornice alla fine del sogno. Qui il regista cammina tra le “macerie” di scheletri topografici ormai svuotati di ciò che è stato e scava in quello che ancora a fatica resiste, rimettendo insieme i pezzi, le prove e gli indizi utili alla causa. Per farlo si è avvalso di splendidi e preziosi materiali d’archivio, filmati e caroselli d’epoca, che denotano un attento e meticoloso lavoro di ricerca al fine di disegnare sullo schermo le traiettorie della parabola di un’epopea industriale dalla nascita sino al suo declino.
Ma non aspettatevi il classico “bagno di sangue e lacrime”, perché Bernasconi preferisce alla cronaca della sciagura un racconto che “gioca” in maniera efficace tanto con il linguaggio e il passo del cinema del reale quanto con gli stilemi del genere noir (compreso il bianco & nero contrastato). Ciò fa di Moka Noir: A Omegna non si beve più caffè un’inchiesta profonda, ricca di ironia e malinconia, focalizzata sulla ricerca di quei “colpevoli” che hanno “ucciso” un’eccellenza industriale del nostro paese.

Francesco Del Grosso

Articolo precedenteIl cinema svizzero contemporaneo 2020: presentazione
Articolo successivoMadame

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

20 + diciotto =