Vado a vivere da solo
Che la Sardegna e alcune delle sue storie siano state tra le protagoniste della quarta edizione di Visioni dal Mondo lo dicono i fatti, le qualità espresse e i numeri registrati nel corso della kermesse meneghina, dove a regalare le sorprese maggiori sono stati proprio i tre documentari presenti nel Concorso Italiano battenti bandiera sarda o ambientati nella suddetta regione. Dopo Sa Femina Accabadora – La dama della buona morte di Fabrizio Galatea e The Wash di Tomaso Mannoni a ben figurare sullo schermo della Triennale di Milano è stato il turno di Mauro da Budelli.
Il titolo dell’opera in questione racchiude nelle parole che lo compongono tutti gli elementi utili a scoprirne tutte le carte in gioco, a riassumere le coordinate geografiche esatte della vicenda narrata e il suo unico protagonista. Il film scritto e diretto da Marco Tagliabue ci porta sull’Isola di Budelli, un paradiso terrestre nel Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena, nel nord della Sardegna in Italia. Qui da quasi trent’anni vive Mauro Morandi, unico abitante e custode della “Spiaggia Rosa”, una piccola insenatura con la sabbia color fenicottero. Zona naturalistica incontaminata, onde impetuose, nessun pontile, pochi visitatori, Budelli ed il suo mare sono il paradigma della solitudine. Mauro ci è arrivato per caso, scappando da un passato da insegnante che gli andava stretto. Oggi rivendica la sua scelta ma l’isola per lui è anche una prigione e rimane a volte senza scorte di cibo. Impossibile raggiungerla in inverno. La sua missione è vigilare sulla spiaggia in modo che non venga banalizzata dagli assalti estivi dei turisti, trasmettendo loro la sua filosofia di vita, lontana dal consumismo e in simbiosi con la natura. Questo magico equilibrio è tuttavia in pericolo e Mauro ha deciso di lottare.
L’autore sbarca sull’isola proprio in uno dei momenti più difficili dell’ormai trentennale permanenza di Morandi in quella che è diventata a tutti gli effetti la sua unica ragione di vita. Lì ha deciso di approdare anni fa e lì ha tutte le intenzioni di rimanere, nonostante la sua presenza sull’isola sia ad oggi illegale per la legge nostrana. La permanenza, infatti, è messa nuovamente e seriamente in discussione dalla minaccia di un allontanamento forzato imposto dalle autorità italiane e contro il quale si sta battendo con tutte le sue forze. Mauro da Budelli diventa la cronaca di questo conflitto a distanza tra il protagonista e un antagonista destinato a rimanere fuori campo (presenza che si riduce alla sola voce telefonica dell’attuale Commissario straordinario Leonardo Deri e di alcuni residenti decisamente ostili), che va avanti da anni e che nel documentario si consuma in un arco di tempo più ristretto, quello del ciclo delle stagioni. Scelta questa scontata e piuttosto ricorrente in molte operazioni analoghe, ma assolutamente fisiologica e in questo caso funzionale al progetto e alla tipo di vicenda narrata.
Guardare Mauro da Budelli significa ritornare con la mente alle pagine del celeberrimo romanzo di Daniel Defoe, alle sue fedeli trasposizioni cinematografiche in live action o animate e alle più o meno riuscite derivazioni (da Cast Away a Castaway On the Moon), ma con la sostanziale differenza che la figura chiave della pellicola di Tagliabue non è il frutto dell’immaginazione di uno scrittore tantomeno di uno sceneggiatore e che l’esilio sull’isola di turno l’ha cercato, l’ho ha trovato e vuole a tutti i costi difenderlo. Visione romantica o avventurosa a parte, il documentario è allo stesso tempo un ritratto di Mauro Morandi che ci porta alla scoperta dei suoi trascorsi esistenziali e del suo presente, ma anche un viaggio fisico ed emozionale tra le bellezze di Budelli. Entrambe le componenti finiscono però con il convergere e diventare una cosa sola al servizio di un profondo e mai banale magma di riflessioni sul rapporto uomo-natura, sulla bellezza e sulla solitudine. Il tutto restituito sullo schermo attraverso un pedinamento nelle topografie ad altezza uomo e dall’alto (visivamente d’impatto le immagini realizzate con i droni, a cominciare dall’incipit e dalla sequenza della scalata del monte Budelli) e una raccolta di momenti di poetica stasi dove la macchina da presa si fa testimone oculare e confidente pronta a prendere in consegna una serie di pensieri in libertà, sfoghi e soliloqui.
Francesco Del Grosso