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Lux Santa

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VOTO: 8

Il fuoco della vita

A Crotone c’è una tradizione: quella dei Fuochi di Santa Lucia, che ardono ogni anno il 13 dicembre. Una tradizione che negli ultimi anni si stava perdendo, e che Matteo Russo ha scelto di documentare e consegnare alla storia.
Lux Santa, scritto dallo stesso Russo a quattro mani con Carlo Gallo, è stato presentato in anteprima alla 71ma edizione del Torino Film Festival, per poi approdare nelle sale, nonostante queste non siano particolarmente favorevoli alle produzioni indipendenti o semi-indipendenti. Ma Lux Santa ci mostra uno spaccato della nostra Italia, del nostro Sud, tra speranze tradite e sogni ancora in volo; in perfetto equilibrio tra documentario e fiction, tra neorealismo e narrazione, Russo racconta la storia di quattro ragazzi del Rione Fondo Gesù di Crotone, dove è facile per un giovane perdersi ma arde vivo il fuoco della speranza di una vita diversa.
Gli amici Lupin (Francesco Vaccaro), Zucchero (Francesco Scamiglia), Pidux (Enrico Scerra) e Citos (Antonio Citati), accomunati dall’assenza di una figura paterna, con il genitore lontano, in carcere oppure morto, trovano nel rito del Fuoco di Santa Lucia (e nella rivalità con gli altri quartieri sull’altezza dei pali) una sorta di riscatto personale, un modo per urlare al mondo la loro esistenza. La raccolta della legna, la costruzione del palo, il fuoco che arde, rappresentano anche un momento, per i ragazzi, per riflettere e confrontarsi, un luogo per confessarsi e dirsi cose che non si sono mai dette; scene come quella del litigio sono reali, su cui Russo ha avuto poi la necessità di costruire sopra una struttura, una linea narrativa.

Con Lux Santa, Matteo Russo ha voluto realizzare un film di documentario che avesse però un linguaggio cinematografico prossimo alla fiction, tanto da porre lo spettatore di fronte ad un muro invisibile tra realtà e finzione, portandolo ad interrogarsi su quale sia il limite tra vita e racconto romanzato. Seguendo un canovaccio come nella Commedia dell’Arte, senza una vera sceneggiatura ma solo ruoli e tematiche da affrontare, i ragazzi si raccontano con sincerità, mostrando debolezze e punti di forza, il dolore della perdita e la difficoltà di diventare grandi senza punti di riferimento in un quartiere di per sé difficile, in un sud che non offre molte possibilità di cambiare la propria vita. Eppure Russo in questo Sud ci crede fermamente; lo mostra nelle immagini dei murales di Rino Gaetano, simbolo della speranza, di qualcuno che al sud è nato, ed andando via ha trovato la sua strada ed il successo nella musica, ma anche nel desiderio dei ragazzi di non seguire la via dei propri genitori, di trovare il proprio posto nel mondo. Accanto a quello di Gaetano, Russo ci mostra il murales di Jonathan Porto, un giovane calciatore deceduto pochi anni fa in un incidente stradale, che aveva trovato nello sport la sua strada verso un futuro diverso; ma soprattutto un compagno ed amico dei protagonisti di Lux Santa, che ha lasciato un vuoto ed un dolore molto forte nei loro cuori, palpabile palesemente durante la visita alla sua tomba nel cimitero della città.
Ma la speranza esplode letteralmente insieme al fuoco che brucia e si innalza, il fuoco come elemento primordiale che arde e si trasforma, diventa luce, illuminando le vite buie dei ragazzi e trasformandole, in una metafora di crescita e di vita, donando loro una luce interiore che rimane, come le faville che si alzano dalle fiamme, “come le spissule che si levano ‘nta l’aria pronte a diventare stelle”.

Michela Aloisi

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