Questione di scelte
Anche e soprattutto nell’Inghilterra del XIX secolo la questione era sempre la stessa: libertà, scelta della propria identità individuale. Esattamente come nel presente, persino in paesi che si professano democratici e libertari. Tipo il nostro.
La giovane regista esordiente Federica Bertellotti ne L’ultimo sonno – cortometraggio tratto da un suo romanzo omonimo – coglie perfettamente il senso del problema. La difficoltà cioè nel fare outing, nel dichiarare liberamente il proprio orientamento sessuale e assieme se stessi. Trovare un posto nella società e non l’emarginazione tanto temuta. Prerogativa stretta di chi sa osare attraverso la macchina da presa (senza dimenticare la penna, ovviamente) è quella di far tornare indietro le lancette del tempo pur tenendo ferma la rotta sul presente. La regista ha raggiunto lo scopo con stupefacente souplesse, condendo il proprio corto con altri avvincenti sottotesti. Introducendo un concetto di vampirismo quasi totalmente inedito, dove l’orrore dell’atto di succhiare il sangue diviene al contrario gesto di purezza d’amore, con conseguente sete di giustizia una volta che il misfatto sarà, inesorabilmente, compiuto. Il parallelismo tra umani – la figura del padre – e vampiri diventa imbarazzante per la nostra natura. Così meschina e ottusa da risultare oscena nell’impari confronto con la nobiltà vampiresca.
Due uomini sul proscenio, a fronteggiarsi. Un padre, che con le sue vedute retrograde ha causato il suicidio del proprio figlio. Un misterioso ospite, che si rivelerà presto un vampiro legato alla vittima, deciso a ristabilire una parvenza di giustizia. Nei flashback la disperazione del ragazzo, artista sensibile, “condannato” a non poter esprimere in alcun modo la natura che gli appartiene.
La cultura letteraria di Federica Bertellotti emerge senza mai divenire cattedratico sfoggio della stessa. I riferimenti ad Oscar Wilde, Bram Stoker si fanno semplice veicolo per approdare a verità del tutto umane, quasi a rendere scoperte le parti oscure, o meglio luminose, dei testi di due grandi autori. Anche per questi motivi L’ultimo sonno rappresenta un invito implicito a guardare oltre l’apparenza delle cose, cercando sempre nuove prospettive da scoprire. Un metodo utilissimo da applicare in ogni esperienza di vita.
Se l’idea della duplice autrice è quella di girare anche un lungometraggio tratto dal proprio romanzo a mo’ di chiusura del cerchio, non possiamo che esprimere il nostro augurio affinché ciò si concretizzi nel più breve tempo possibile. Quello che ha dimostrato nel cortometraggio, in primis l’eleganza della regia oltre a tutto il resto, basterebbe e avanzerebbe a promuovere senza esitazioni tale progetto.
Daniele De Angelis