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Los Reyes

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VOTO: 7.5

Una seconda casa

Cani o amici a quattro zampe sono stati spesso protagonisti sul piccolo e grande schermo di film e serie più o meno celebri, arrivando persino a rubare la scena agli esseri umani. La filmografia in tal senso è talmente ricca che risulta quasi impossibile fare questo o quell’altro titolo. Si farebbe di sicuro torto a qualcuno di essi oppure ci si potrebbe dimenticare, data la mole di opere prodotte alle diverse latitudini, di uno in particolare. Di conseguenza mettiamo da parte qualsiasi tentativo per concentrarci sul film in questione, per l’esattezza di Los Reyes, una delle piacevoli sorprese e scoperte che ci siamo portati dietro dalla line-up della seconda edizione di Filming Italy Sardegna Festival, laddove è stato presentato nella sezione “Variety Critics Choise” dopo l’ottima accoglienza ricevuta nei mesi passati nel circuito festivaliero.
Filmare due cani, per giorni e notti, sotto il sole cocente e la pioggia battente, vi starete chiedendo cosa possa avere di così interessante, speciale o meritevole di attenzione. Sulla carta nulla, ma è sufficiente iniziare a scorrere le immagini del documentario di Iván Osnovikoff e Bettina Perut per ricredersi e capire che in realtà un motivo esiste. La macchina da presa della coppia di registi racconta con sguardo limpido la quotidianità di un piccolo “universo”, quella del più celebre parco della capitale del Cile. Il parco di Los Reyes si trova ai margini di Santiago e è una vera seconda casa per gli adolescenti del quartiere, un rifugio di periferia dove tra birre e risate si dà voce alle paure e alle speranze che legano i giovani. Ma per non restituire l’ennesimo ritratto di una gioventù annoiata e senza stimoli della periferia di turno, gli autori si sono messi in ascolto scegliendo un punto di vista preciso e fuori dalla norma, quello di due protagonisti inaspettati: i cani randagi del parco. Sono loro e la loro persistente e sedentaria presenza a rappresentare il baricentro su e intorno alla quale ruota questo racconto per immagini, suoni e parole di sorprendentemente lirismo, che sfiora e accarezza le corde del cuore dello spettatore di turno.
Los Reyes è una radiografia di una topografia metropolitana, ma soprattutto un pedinamento e uno sguardo di natura antropologica sulle esistenze passeggere e ricorrenti di un parco e dei suoi ospiti, filtrato attraverso il punto di vista e di altezza di due inseparabili quadrupedi. In un via vai infinito di umani tra i giardini, il campo da calcio, le panchine e le rampe da skateboard, loro ci sono sempre. Le loro orecchie e i lori occhi diventano le estensioni neurali che guidano Osnovikoff e Perut nella scelta dei frammenti e nella costruzione della narrazione. Da qui nascono momenti capaci con poco di regalare tantissimo alla platea, che non potrà non innamorarsi della dolcezza di chi le ha popolate per l’intera durata della timeline.

Francesco Del Grosso

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