Occhio per occhio
La partecipazione di Stefania Casini alla terza giornata in presenza del 43° Fantafestival si è portata dietro, quale apprezzatissimo corollario, una serie di proposte cinefile davvero ghiotte. Sul fronte retrospettivo sono stati riproposti un autentico cult movie come Dracula cerca sangue di vergine… e morì di sete!!!! (1974) firmato Paul Morrissey e il meno conosciuto Polsi sottili (1985) di Giancarlo Soldi. Ma la vera e propria scoperta di giornata è stata rappresentata da un film di genere, molto più recente essendo datato 2022, dai meccanismi narrativi e dalla cura della messa in scena a dir poco perfetti; ed intitolandosi il lungometraggio in questione L’orafo, la tentazione di definirlo “un gioiellino” si è fatta strada impudentemente (e imprudentemente) nella nostra testa, appena terminati i titoli di coda.
Per fortuna ha prevalso, almeno nel titolo dell’articolo, un appena più sobrio “occhio per occhio”, che vuole comunque adombrare quella logica del Dog Bite Dog presente in tutto l’arco narrativo. E a proposito della narrazione, quel suo nutrirsi di continui ribaltamenti di prospettiva e colpi di scena dosati sapientemente ci ha conquistato sin dal prologo, molto ben girato e sottilmente collegato col resto. Così come quella vena creativa nella composizione dei titoli di testa, elemento che siamo abituati a veder sviluppato così, più che altro, nelle pellicole spagnole, ci è parsa da subito un indice della grande cura formale e stilistica riversata poi in diverse altre sequenze.
L’ossatura de L’orafo è ad ogni modo la rilettura del prolifico filone della home invasion, gettonatissimo sia per quanto concerne l’horror vero e proprio che per il thriller (e con tutte le contaminazioni possibili), da un punto di vista che diviene andando avanti sempre più incline al paradosso, al grottesco, alle tinte acide. Una violenza quanto mai contenuta è difatti affidata all’inizio del racconto all’irruzione di tre giovani criminali incalliti, uniti da un patto d’amicizia e dalla condotta dissoluta sin dall’infanzia, nella bella abitazione rurale di una coppia di anziani apparentemente adorabili, onesti. Ossia l’orafo e sua moglie, magnificamente interpretati da Giuseppe Tambieri e dalla già menzionata Stefania Casini. Ma dietro l’apparenza si celano terribili segreti e quella loro esistenza quieta rivelerà ben altro. Fino a un capovolgimento di ruoli dall’esito del tutto sorprendente, morboso, sadico, destabilizzante anche per lo spettatore.
Senza fare altri riferimenti alla trama, riferimenti che potrebbero togliere allo spettatore il gusto di farsi prendere continuamente in contropiede, va detto che di rado ci si imbatte oggigiorno in un film italiano di genere così ben scritto, così ben recitato, così ben ritmato al montaggio, così curato nelle ambientazioni e con una morale di fondo tanto cinica e cruda, quanto coerente. Lodi sincere che rivolgiamo in primis all’autore Vincenzo Ricchiuto e al suo co-sceneggiatore Germano Tarricone, ma che vanno ripartite poi anche tra i così validi elementi posti all’interno del cast artistico e tecnico, con ulteriore nota di merito per chi ha curato musiche e fotografia.
Stefano Coccia