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Let The Canary Sing

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VOTO: 8

Una cantautrice “so unusual”

Icona pop degli anni Ottanta e non solo: Cindy Lauper si racconta in un documentario dalla struttura tradizionale ma versatile come la stessa artista. Let the Canary Sing di Alison Ellwood ci mostra una donna eclettica e brillante capace di creare la magia con la sua voce incredibilmente duttile, che le ha permesso di spaziare tra i generi, dal punk al pop, al blues, al reggae.

Il documentario inizia con la cantante bloccata nel traffico di New York; dal sedile posteriore della sua auto, Cindy dai capelli di una tenue tonalità di rosa e la borsa tipicamente punk racconta la sua vita e la sua carriera, dalla giovinezza passata tra Brooklyn e il Queens ai rapporti con l’amata sorella Elen, dagli esordi felici con i Blue Angel al successo planetario come solista con Girls just want to have fun, che è stato un inno femminista per generazioni. “Devi sapere da dove vieni per sapere dove vai”, asserisce convinta la Cindy di oggi, fiera della sua origine per metà italiana. Figlia di immigrati siciliani da parte di madre, Catrine Dominique Gallo, la Lauper è cresciuta nei quartieri popolari della Grande Mela; dalla multietnica e multiculturale Brooklyn ha assorbito gli stili, i colori, la moda, dagli abiti alle acconciature al trucco femminile, per poi personalizzarli nel suo stile personale, originale ed unico. Il trasferimento nel Queens, in un quartiere decisamente meno fantasioso, ha rappresentato uno shock culturale soprattutto per le due sorelle; il nuovo compagno della madre divorziata ha acuito questo disagio, creando un ambiente tossico che porta Elen ad andar via di casa. Devastata per la mancanza della sorella, Cindy la raggiungerà presto, creando con lei ed i suoi amici una famiglia; in particolare formerà un profondo legame di amicizia con il vicino Gregory Natal, cui molti anni dopo, in seguito alla sua morte prematura per Aids. dedicherà True Colors, singolo che diventerà il simbolo della comunità gay.

La strada verso il successo inizia con la formazione, insieme all’amico John Turi, della band Blue Angel; un contratto con la Polydor, il primo disco, i live nei club. Ma la band scenderà presto dalla cresta dell’onda, gettando in profonda crisi la Lauper; tutti intorno a lei spingono infatti per una sua carriera solista, in netto contrasto con il carattere schietto e leale dell’artista, restia ad abbandonare il suo vecchio gruppo. Ecco arrivare la rottura con la casa discografica ed i problemi economici; ma Cindy rifiuta la “tendenza familiare” verso il dramma, e, al motto Let The Canary Sing, rinasce e trova la sua via. L’incontro con Dave Wollf, che diventerà il suo manager e compagno di lungo corso, la riporterà nel business musicale con una nuova etichetta ed un disco tutto suo: “She’s So Unusual”, mentre il primo singolo Girls Just Want to Have Fun, diventa un successo planetario. Il canarino ha preso definitivamente il volo.

Il documentario della Ellwood ci mostra tutto questo e molto di più, attraverso interviste alla stessa Lauper e testimonianze delle persone a lei vicine, dalla sorella Elen al fratello Freddy, dall’ex compagno Wolf al vecchio amico John Turi, a Laura Wills, proprietaria del negozio Screaming Mimi’s e stilista della cantante, alla sua vocal coach Katie Agresta ed a personaggi altrettanto celebri come Boy George e Patti LaBelle. Altri contributi vengono dall’attore Billy Porter, dai musicisti e compositori Rob Hyman e Sammy James Jr, dai produttori Dan Beck e Rick Chertoff, dalla wrestler Wendi Richter, e altri ancora. Il quadro che emerge è quello di una cantautrice “unusual”, insolita, originale nella vita come nella musica, e soprattutto di una donna spontanea, schietta, fedele a sé stessa, femminista e promotrice dei diritti delle donne e delle comunità LGBT, dando voce e risonanza a temi come l’emancipazione, l’aborto, il razzismo, la discriminazione di genere, finanche con la fondazione di una organizzazione no-profit per aiutare i giovani LGBT senza casa (o cacciati dalla suddetta), la True Colors United.

Un altro aspetto che emerge dal bel documentario Let the Canary Sing , grazie alla testimonianza dell’art director Janet Perr, è la passione di Cindy per l’arte grafica, la fotografia, la pittura; se al college disegnava soggetti inconsueti come le scarpe, le sue stesse fotografie, i suoi video, hanno la sostanza di quadri artistici, la donna ritratta è tratteggiata come la donna in un dipinto. Inoltre la novità è che nei suoi video la Lauper non voleva modelle stereotipate ma donne vere, di qualunque colore ed etnia, ivi compresa l’amata madre. E poi il colore rosso, rosso ovunque. Cindy Lauper ama i colori sgargianti ed ha fatto dell’essere insolita il suo punto di forza; unica ed iconica, oggi, a 70 anni, ha ancora l’energia di una ragazzina che è riuscita a lavorare facendo quello che ama. La musica innanzitutto, ma anche il cinema; ed è sul set che ha incontrato la sua anima gemella, l’amato marito, l’attore David Thornton.

Notevole anche la carrellata musicale proposta: dai successi con i Blue Angel (But you don’t care, Anna Blue, I had a love, I’m gonna be’ strong, Maybe he’ll know) a quelli cantati dal cast di KinKy Boots (Raise you up/just be’, Not my father’s son), dal duetto con Patti LaBelle (Lady Marmalade), dai grandi successi (Girls just want to have fun, Time after Time, She bop, Money changes everything, The goonies r good enough, True colors) a gran parte del suo repertorio (tra le altre, All trough the night, Fit together, At last, I drove all night, The world is stone, My first night without you, Hole in my heart, Someone like me, Funnel of love, Sisters of avalon, That’s what I think, Unhook the stars) sino alla significativa Hat full of stars: le stelle raccolte nel cappello per ricordarsi di seguire sempre i propri sogni. Perché quando si avverano, boom!: è subito magia.

Michela Aloisi

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