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Le Fidèle

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VOTO: 6

Fino all’ultimo giro

Bibi è una pilota emergente nel campionato di Gran Turismo. Non esistono distrazioni per lei, solo la velocità e il cronometro. Elogiata dentro e fuori dal paddock, un giorno incontra un ragazzo che non usa mezzi termini. Vuole uscire con lei, ma a patto che l’atleta non sia impegnata in una relazione. Bibi si innamora immediatamente di lui, un uomo diretto e con il carattere da perfetto gentiluomo, visti i suoi affari nel campo dell’import-export delle auto di lusso. Tuttavia la giovane campionessa non conosce veramente qual è il vero motivo del suo successo. Non è la passione per le quattro ruote a renderlo così sicuro di sé. La sua fiducia è dovuta alla sua seconda vita, quella criminale, che lo porta a partecipare a numerosi furti in ogni banca del Paese.

L’amore non ha confini, sembra essere in pratica il sunto di Le Fidèle, il film di Michael R. Roskam, che tre anni fa con Chi è senza colpa (The Drop) portava sul grande schermo James Gandolfini in una delle ultime interpretazioni cinematografiche. Ci sono sempre rapine e delinquenti in sottofondo, con l’unica differenza che qui non viene mostrata un affetto familiare instauratasi tra il galeotto Bob Saginowski e il cugino Marv, ma una relazione tra due personaggi con in comune un destino di sventure imminenti. L’opera del regista propone infatti una suddivisione in tre parti, analizzando in maniera sequenziale i soggetti della storia. Si parte con Gigi, il latin lover dal volto di Matthias Schoenaerts, per poi passare alla sprintosa Bibi, interpretata dalla affascinante Adèle Exarchopoulos. L’ultimo capitolo, più vicino a un epilogo, segna la conclusione delle loro avventure, che come in una gara di corse sono segnate dalle condizioni esterne. Il motore può danneggiarsi, le gomme possono deteriorarsi con il passare dei giro. Così vale per il rapporto tra i due, che da una posizione di vantaggio o da una situazione favorevole si può passare a dei momenti di notevole difficolta.
Sia Bénédicte che Gino conseguono una graduale evoluzione per quanto concerne la psicologia dei personaggi, grazie alle ottime interpretazioni dei protagonisti e a una focalizzazione bilanciata dei diversi connotati. I soggetti in effetti, con il proseguo del racconto, rappresentano gli estremi opposti. Bibi, inizialmente concentrata sul suo mestiere da lasciare in secondo piano la vita privata, comincia a intravedere il lato femminile e a inserirlo tra le priorità per il futuro, anche a costo di rinunciare alla sua individualità. Gino al contrario non riesce a bloccare quell’istinto che lo porta a rischiare la libertà, oltre che la propria pelle. Questi due poli, come la fisica insegna, inevitabilmente si attraggono. Non rinunciano, perché a tenerli insieme è la fedeltà, il collante che impedisce loro (nel bene o nel male) di separarsi. Lo stesso padre della ragazza, rivolgendosi a Gino al termine di un Gran Premio, evidenzia il suo disinteresse verso i comportamenti dei due. Quello che conta è che non venga nascosto nulla, che tutto sia alla luce del sole. Nessun inganno dunque, perché la menzogna porta solo imprevisti difficilmente rimediabili.
Alcuni di questi intoppi, purtroppo, sono visibili se si osserva il proseguo della narrazione, con Le Fidèle che dal secondo capitolo in poi perde progressivamente credibilità, con le diverse fasi del racconto che risultano scollegate e contorte. Resta comunque una prova tecnica formidabile dell’autore, sia nel montaggio che nell’uso delle inquadrature, se si pensa all’incredibile piano sequenza finale che ricorda quella iniziale di Duel, un piccolo grande cult del cinema americano diretto dall’allora giovane Steven Spielberg.

Riccardo Lo Re

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